Il legale della famiglia Regeni: "Sappiamo chi ha torturato e ucciso Giulio"
L’avvocato in tv a Cartabianca fa i nomi di alcuni funzionari egiziani. Nella ricostruzione tutti i dettagli degli ultimi nove giorni del ricercatore friulano
di Michela Zanutto
UDINE. Ecco i nomi degli aguzzini di Giulio Regeni: i colonnelli Sharif Magdi e Mahmud Hendy. A pronunciarli, durante la trasmissione di Raitre Cartabianca, è stata l’avvocato della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini.
Durante la serata è stato trasmesso il docufilm “Nove giorni al Cairo”, parte della grande inchiesta multimediale che Repubblica ha dedicato al racconto delle ultime ore del ricercatore friulano, un collage dei ricordi di chi cercava Giulio al Cairo, a cominciare da papà Claudio e mamma Paola.
Nove giorni al Cairo - Il docufilm
«Giulio continua a parlarci – ha detto l’avvocato Ballerini –. Lui aveva scritto nei suoi appunti che Mohamed Abdallah, il rappresentante degli ambulanti che l’ha venduto ai servizi segreti, era una miseria umana.
È vero, lui lo tradisce, ma lo fa al soldo di alti ufficiali che gli mettono una microcamera addosso per filmarlo e gliela tolgono. Ma noi sappiamo il nome della persona con cui parla Abdallah. È il colonnello Sharif Magdi, che è direttamente coinvolto nella sparizione, nella tortura e nell’omicidio di Giulio.
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Ed è la stessa persona che incriminerà e costruirà il fascicolo contro il nostro consulente, anche lui Abdallah, che subirà 130 giorni di prigionia, rischiando anche la pena di morte solo perché cercava di difendere con noi Giulio.
C’è poi il colonnello Mahmud Hendy, le sue impronte sono sui documenti di Giulio e va nella casa di un parente dei cinque della banda (falsamente accusati dell’omicidio durante uno dei depistaggi, ndr) e tirerà fuori dalla sua tasca i documenti di Giulio con arroganza dicendo di averli trovati lì.
Noi vorremmo che queste persone fossero interrogate dai nostri procuratori e investigatori che stanno seguendo il caso».
A distanza di 16 mesi dai fatti, la famiglia si sente vicina alla verità: «Le speranze di trovarla si sono rafforzate grazie ad Amnesty, alle inchieste dei giornalisti e alla campagna di solidarietà, per cui la famiglia mi ha chiesto di ringraziare chi espone lo striscione giallo – ha aggiunto Ballerini –. Abbiamo i nomi e sappiamo gran parte della dinamica, le persone coinvolte, possiamo intuire con ragionevole certezza i luoghi dove è stato Giulio, ma non possiamo ancora sapere perché. Siamo molto vicini alla verità».
Il racconto di “Nove giorni al Cairo” ripercorre le terribili ore della sparizione del ricercatore di Cambridge e lo fa anche attraverso il travaglio della famiglia.
«Il 27 gennaio il console del Cairo ha chiamato a casa informandomi che Giulio non era arrivato a un appuntamento», ha ricordato papà Claudio.
E subito si è acceso un terribile presentimento in Paola Deffendi: «Ho avuto un’immagine di un cassonetto delle immondizie e lì accanto ho visto Giulio e ho detto “me lo butteranno là così”.
I genitori sono subito volati al Cairo con grande riserbo, così come chiesto dalle autorità italiane: «Eravamo scioccati, intontiti e terrorizzati», hanno ricordato. «Io avrei fatto dare la notizia subito e questa è una cosa che mi tormenta ogni giorno – ha aggiunto mamma Paola –. Quando è arrivata la certezza della morte mi sono detta “è già finito tutto, è durato così poco”, riferito alla nostra felicità di famiglia. E poi ho pensato che non sarei mai diventata nonna dei figli di Giulio».
Ribadito infine il “no” al rientro dell’ambasciatore italiano al Cairo fino alla verità per Giulio.
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