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Riciclavano i soldi della mafia in Friuli: condannati

Camillo Graziano e Ignazio Di Maria gestivano in regione attività edili. Il Tribunale di Palermo ha inflitto 15 anni ciascuno

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UDINE. La mafia infiltrata in Friuli  ha un paio di tasselli in meno. Camillo Graziano e Ignazio De Maria sono stati condannati a 15 anni grazie all’operazione Apocalisse.



L'altra sera la sentenza della quarta sezione del Tribunale di Palermo, presieduta da Raffaele Malizia, che ha accolto soltanto in parte le richieste della Procura.

Il procedimento ha interessato ventisei componenti collegati alla mafia palermitana e ai clan di San Lorenzo, Resuttana, Acquasanta e Partanna Mondello.

Le accuse contestate, a vario titolo, sono associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, reimpiego di denaro proveniente da delitto, illecita concorrenza con violenza o minaccia, detenzione illegale di armi.

Tra questi anche Camillo Graziano e suo cugino Ignazio De Maria che da anni investivano in Friuli soldi della mafia. Entrambi, infatti, avevano lasciato il sud per trasferirsi a Martignacco e a Udine, dove avevano aperto delle attività edili, mantenendo i contatti con la famiglia.

Qui in Friuli avevano avviato un vero e proprio business per riciclare i soldi “sporchi”. Dalle indagini è emerso che i due continuavano anche a mantenere lo zio Vincenzo, in carcere con il 41 bis, anche lui con un passato in Friuli, a cui passavano mensilmente un’ingente somma di denaro. Stessa prassi per altri esponenti mafiosi in carcere o in libertà.

In Friuli tutto era partito, alcuni anni fa, dal sequestro di alcuni beni nei confronti di Vincenzo Graziano, zio di Camillo, a Martignacco.

La famiglia, infatti, aveva degli immobili nella zona Nord di Udine mentre Ignazio De Maria si era trasferito da Palermo a Udine con la moglie, dove aveva avviato un’attività immobiliare che girava milioni di euro. Ad incastrali le testimonianze di Vito Galatolo, pentito di mafia che ha confermato le indagini.

Ad attirare l’attenzione dei militari la costruzione di alcuni stabili – «realizzati non ad opera d’arte» – e che avevano sollevato proteste e denunce da parte dei cittadini: si lamentavano di infiltrazioni d’acqua e altri difetti di costruzione.

Un’operazione che ha visto coinvolta una task interforze composta da Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia. Le indagini hanno fatto emergere come i collegamenti tra Friuli e Sicilia fossero più intensi che mai con frequenti contatti anche con i boss Sandro e Salvatore Lo Piccolo.

I due erano stati arrestati grazie ad una serie di operazioni messe a segno tra il mese di giugno del 2014 e il febbraio del 2015.

In tutto sono state diciassette le condanne, sei assoluzioni, tre posizioni stralciate più una quarta che, nonostante una parziale condanna, dovrà pure essere rivista: si conclude così il processo «Apocalisse» per la parte riguardante gli imputati che hanno chiesto il giudizio ordinario.

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