La mamma di Giulio Regeni: "Il 3 ottobre saremo al Cairo per chiedere giustizia”
Paola Deffendi chiede «una scorta mediatica che ci accompagni e continui a seguire con attenzione il caso di Giulio». Fnsi: noi siamo pronti

UDINE. «Il 3 ottobre o, se necessario, anche prima, andremo al Cairo per chiedere giustizia per Giulio».
Ad affermarlo ai microfoni di Rainews24 sono i genitori di Giulio Regeni, il ricercatore italiano sequestrato, torturato e ucciso lo scorso anno in Egitto.
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«Chi ha deciso il rinvio dell’ambasciatore italiano al Cairo non deve aver visto il corpo di Giulio», hanno proseguito, aggiungendo che «ora c’è la percezione di una forte distanza» con chi ha preso la decisione.
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I coniugi Regeni si sono detti «felici del grande affetto ricevuto in questi giorni da parte dei cittadini che continuano a mostrare amore per Giulio».
Paola Deffendi, la mamma del giovane, ha chiesto, per il viaggio del 3 ottobre prossimo, «una scorta mediatica» che ci accompagni e continui a seguire con attenzione il caso di Giulio».
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«Se e quando i genitori di Giulio e Alessandra Ballerini, legale della famiglia, dovessero decidere di recarsi in Egitto, non mancheremo di partecipare a quella «scorta mediatica» che li dovrà accompagnare e seguire».
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Lo annunciano i vertici della Fnsi, Beppe Giulietti e Raffaele Lorusso, presidente e segretario, riferendosi al fatto che i familiari del ricercatore «in modo esplicito, ci hanno invitato a non spegnere i riflettori su chi continua a battersi per arrivare ad individuare chi ha sequestrato, torturato ed ucciso Giulio».
I vertici Fnsi rilevano che «dal momento che sin dal primo istante abbiamo aderito alla campagna #veritapergiulio non possiamo che raccogliere il loro appello ed impegnare noi stessi a compiere ogni sforzo perchè “le ragioni di Stato” possano prevalere sull’impegno ad illuminarè i troppi lati oscuri ed inquietanti che hanno sin qui segnato questa tragedia».
La Fnsi annuncia inoltre che parteciperà a tutte le iniziative che saranno promosse da tutte le associazioni, Amnesty in testa, «che non hanno mai smesso di chiedere non solo giustizia per Giulio, ma anche per i tanti “Giulio” egizianì, e tra loro non pochi giornalisti, che hanno subito e subiscono la stessa tragica sorte».
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