Cividale, contesa sull’Ipogeo celtico «La proprietà resta del Comune»
Dopo l’acquisto della casa che sovrasta il sito, una cittadina aveva rivendicato anche le grotte La Corte d’appello di Trieste ha confermato l’ordinanza di rigetto del tribunale civile di Udine
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CIVIDALE. Ha rivendicato la proprietà dell’Ipogeo celtico qualche mese dopo avere acquistato l’abitazione che lo sovrasta, in via Monastero, ma il tribunale di Udine e, poi, anche la Corte d’appello di Trieste hanno dichiarato la domanda inammissibile, lasciando il sito in capo al Comune di Cividale. Ed evitando così che la sua gestione passasse nelle mani di un privato.
La vertenza si è chiusa qualche giorno fa, con ordinanza a firma del presidente del collegio, Giuseppe de Rosa, e del giudice relatore Manila Salvà. Confermando quanto accertato già in primo grado, è stato rilevato come «nell’atto di compravendita del 22 aprile 2015, il cedente avesse espressamente dichiarato che il foglio 16, particella 644, sub 3 (l’Ipogeo, appunto, ndr) è di proprietà del Comune di Cividale del Friuli». Di più, nella precedente ordinanza del 24 marzo scorso, il giudice Paolo Milocco aveva puntualizzato come, «anche qualora fosse corretta la tesi della ricorrente, per cui tale indicazione è erronea» e il parente che le vendette l’immobile «era legittimato a disporre anche di tale particella», tuttavia «nessun effetto traslativo» poteva essere conseguito in virtù del titolo vantato.
Nel costituirsi in giudizio con l’avvocato Guglielmo Pelizzo, il Comune aveva fatto risalire l’origine della querelle al momento in cui si era reso necessario procedere con il rinnovo della servitù di pubblico transito per l’accesso all’Ipogeo attraverso l’ingresso posto su via Monastero. La serie di incontri e lo scambio di corrispondenza che ne seguirono non erano bastati a superare le rispettive posizioni. E la vicenda era sfociata nel ricorso presentato dal legale della cividalese il 12 gennaio scorso.
Sulla scorta della ricostruzione dei fatti proposta al giudice, l’avvocato Pelizzo aveva osservato una «contraddittorietà» tra le pretese avanzate in sede giudiziaria e le dichiarazioni rese in atto pubblico, quando aveva acquistato la casa e nulla aveva eccepito rispetto alla proprietà dell’Ipogeo, e poi di nuovo nella lettera del 4 maggio 2015, quando aveva chiesto che la servitù venisse ridisciplinata «senza nulla pretendere rispetto all’accertamento dell’asserito diritto dominicale».
La vicenda, comunque, è tutt’altro che chiusa. Determinata a vedere riconosciute le proprie ragioni, la ricorrente avrebbe già concordato con il difensore le prossime mosse della battaglia legale.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
La vertenza si è chiusa qualche giorno fa, con ordinanza a firma del presidente del collegio, Giuseppe de Rosa, e del giudice relatore Manila Salvà. Confermando quanto accertato già in primo grado, è stato rilevato come «nell’atto di compravendita del 22 aprile 2015, il cedente avesse espressamente dichiarato che il foglio 16, particella 644, sub 3 (l’Ipogeo, appunto, ndr) è di proprietà del Comune di Cividale del Friuli». Di più, nella precedente ordinanza del 24 marzo scorso, il giudice Paolo Milocco aveva puntualizzato come, «anche qualora fosse corretta la tesi della ricorrente, per cui tale indicazione è erronea» e il parente che le vendette l’immobile «era legittimato a disporre anche di tale particella», tuttavia «nessun effetto traslativo» poteva essere conseguito in virtù del titolo vantato.
Nel costituirsi in giudizio con l’avvocato Guglielmo Pelizzo, il Comune aveva fatto risalire l’origine della querelle al momento in cui si era reso necessario procedere con il rinnovo della servitù di pubblico transito per l’accesso all’Ipogeo attraverso l’ingresso posto su via Monastero. La serie di incontri e lo scambio di corrispondenza che ne seguirono non erano bastati a superare le rispettive posizioni. E la vicenda era sfociata nel ricorso presentato dal legale della cividalese il 12 gennaio scorso.
Sulla scorta della ricostruzione dei fatti proposta al giudice, l’avvocato Pelizzo aveva osservato una «contraddittorietà» tra le pretese avanzate in sede giudiziaria e le dichiarazioni rese in atto pubblico, quando aveva acquistato la casa e nulla aveva eccepito rispetto alla proprietà dell’Ipogeo, e poi di nuovo nella lettera del 4 maggio 2015, quando aveva chiesto che la servitù venisse ridisciplinata «senza nulla pretendere rispetto all’accertamento dell’asserito diritto dominicale».
La vicenda, comunque, è tutt’altro che chiusa. Determinata a vedere riconosciute le proprie ragioni, la ricorrente avrebbe già concordato con il difensore le prossime mosse della battaglia legale.
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