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Malborghetto, un gruppo fa rinascere i vecchi bunker costruiti negli anni 30

I soci di Landscapes hanno sistemato due rifugi: «Vogliamo sottrarre le fortificazioni al degrado e ai saccheggi»

2 minuti di lettura

MALBORGHETTO. Non sono nostalgici, tantomeno ultra nazionalisti o guerrafondai. Si considerano piuttosto, oltre che appassionati di storia e di storia militare, cultori della memoria e del paesaggio.

E al paesaggio rende omaggio anche il nome della loro associazione, Landscapes, che dal 2014 ha preso in affitto il forte Beisner, tra Ugovizza e Valbruna, Opera 4 nel linguaggio militare e Capraia-Gorgona in codice cifrato, oltre alla vicina, e più piccola, Opera 3 di Malborghetto.

Si tratta di due bunker nati negli anni 30, in pieno Ventennio, all’estremità orientale del Vallo Alpino del Littorio, in chiave antitedesca, da cui l’appellativo di “Linea non mi fido”, ironica sintesi delle contraddizioni del percorso che portò all’alleanza con Berlino.

Hitler pretese il blocco dei lavori su tutto il versante est delle Alpi, digerendo assai male l’esistenza di una linea di fortificazioni tra l’Italia e l’Austria, annessa al Reich nel 1938.

Parte di un sistema di difesa che dal confine arriva fino a Venzone, il forte Beisner, come gli altri bunker costruiti per presidiare la frontiera, venne disarmato, ma non distrutto. E pur senza essere mai passato per alcun battesimo del fuoco, tornò in auge nel dopoguerra, dalla fine degli anni Quaranta fino all’inizio degli anni Novanta. Costantemente presidiato e pronto a entrare in azione col suo cannone e le sue mitragliatrici.

Non più contro una potenziale minaccia da nord, ma come guardia del confine orientale, fino al definitivo abbandono, nel 1992, tre anni dopo la caduta del muro di Berlino, che archiviò definitivamente gli anni della Guerra Fredda.

Da allora, dopo più di quarant’anni di servizio, i bunker sono stati definitivamente disarmati e chiusi. Disattivati anche i gruppi elettrogeni che garantivano l’illuminazione di centinaia di metri di gallerie sotterranee.

L’abbandono, per i diciotto soci di Landscapes, deve essere soltanto militare: «Noi siamo convinti che opere come questa – spiega il geometra e speleologo udinese Paolo Blasoni, presidente dell’associazione – debbano essere difese, custodite, preservate.

E crediamo anche che sia importante spiegare quali siano state le loro funzioni storiche e militari, di difesa e presidio del territorio nazionale.

Dietro a questo, lo voglio sottolineare, non c’è alcuna nostalgia di tipo politico legata agli anni del fascismo o della guerra fredda: soltanto l’intento di preservare la memoria storica, come si fa con meno remore in altri grandi Paesi europei dove forse c’è meno paura di essere tacciati di nazionalismo, e di valorizzare opere che sono in ogni caso l’espressione di un imponente lavoro dal punto di vista ingegneristico e costruttivo».

Ma dietro c’è anche un approccio al territorio, la teoria del paesaggio (da cui Landscapes), secondo il quale anche le opere dell’uomo, come quelle della natura, vanno preservare e difese.

«È con questa convinzione – spiega ancora Blasoni – che lavoriamo, come fanno anche altre associazioni nate prima di noi, per sottrarre fortificazioni come queste all’incuria o ai tanti episodi di saccheggio di cui possono essere bersaglio.

Ecco perché abbiamo chiesto di affidarci il Forte Beisner e Opera 4, in cambio di un regolare affitto che versiamo al demanio civile e dei lavori di manutenzione, che sono a carico nostro.

Abbiamo anche riattivato un gruppo elettrogeno, il che facilita le visite e le altre attività che organizziamo all’interno del forte, come quella di questi giorni dedicata ai presepi. Il tutto, anche questo lo voglio sottolineare, senza alcun contributo, ma in modo del tutto autofinanziato.

A che pro? Qualche piccola soddisfazione ce la stiamo togliendo: vecchi soldati che erano in servizio qui e che si riconoscono nelle vecchie foto della guarnigione, la mostra dei presepi, il cineforum.

Anche i contatti con altre realtà del territorio sono i segnali che qualcosa si sta muovendo e che incominciamo a farci conoscere. Credo che anche la gente qui attorno abbia capito che siamo mossi solo da passione», indica il presidente.

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