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Posta frase razzista su Facebook, i giudici: sei mesi senza social

Accusato di aver violato la legge Mancino, l’imputato otterrà l’estinzione del reato se andrà a buon fine la messa alla prova

1 minuto di lettura

PORDENONE. Per sei mesi non potrà più digitare neanche una sillaba in un post su Facebook, né potrà utilizzare altri social network. È il contrappasso deciso dall’Ufficio esecuzione penale esterna di Venezia per la frase «che gli diano fuoco» scappata sulla tastiera nel luglio 2017 al portogruarese Roberto Spadotto, 44 anni, in un dibattito sull’accoglienza dei profughi scatenatosi su Facebook.



Il 44enne, difeso dall’avvocato Giulia Spadotto, è stato ammesso alla “messa alla prova”, che consente la sospensione del processo attraverso lo svolgimento di lavori di pubblica utilità. Se adempierà a tutte le prescrizioni dell’Uepe, il reato di cui è stato accusato – la violazione della legge Mancino, con l’aggravante della discriminazione razziale– sarà dichiarato estinto.

Dinanzi al tribunale collegiale presieduto dal giudice Alberto Rossi (a latere Piera Binotto e Andrea Scorsolini) è stato reso noto il programma della messa alla prova. Oltre all’astensione totale dai social, Spadotto ha corrisposto una somma simbolica, pari a 200 euro, all’associazione “Noi migranti” di Portogruaro.

Per i prossimi sei mesi, 4 ore la settimana, l’imputato farà del volontariato e periodicamente sarà convocato dall’Uepe per leggere e commentare alcuni testi inerenti le tematiche dell’immigrazione, per verificare il suo percorso. La difesa fa sapere che Spadotto si è subito pentito di aver scritto quella frase e che non conosceva gli altri utenti che hanno scritto sul profilo privato della neo-coordinatrice di Forza Italia Caterina Pinelli e nel gruppo “Sei di Portogruaro se” (completamente estranei ai fatti). Il 22 gennaio il tribunale collegiale sarà chiamato a valutare il percorso di Spadotto, la cui posizione è stata stralciata.

Hanno chiesto la messa alla prova anche gli altri tre co-imputati per la violazione della legge Mancino, Giuseppe Barresi, 34 anni e Gabriele Marian, 55 anni, entrambi residenti a Concordia Sagittaria e il portogruarese Rudy Rosan, 33 anni, difesi di fiducia dall’avvocato Gianni Massanzana. L’Uepe, però, non ha ancora redatto il loro programma. Così il processo per i tre è stato aggiornato all’11 settembre. Barresi ha invitato su Facebook a lavare i richiedenti asilo con la benzina e a asciugarli con il lanciafiamme, Rosan ha parlato di versare loro addosso «l’acido delle batterie» e di dare «fuoco al palazzo con loro dentro» mentre Marian (al quale è contestata pure la recidiva specifica) ha pubblicato la foto di un cappio con la didascalia «Ripensandoci». Se gli sarà concessa la messa alla prova, potranno anche loro dedicarsi ai lavori di pubblica utilità.

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