OVARO. Quando, nel 2012, Francesco Giorgis, 54 anni, di Ovaro, bussò a denari a Mario Nassivera, legale rappresentante della “Carniagricola società agricola a r.l.” di Enemonzo, non vi fu alcuna minaccia. La sua, in altre parole, non fu una tentata estorsione, come aveva ipotizzato invece la Procura, sulla scorta della denuncia presentata da Nassivera, dopo le frizioni sorte nell’ambito della “joint venture” costituita, nel 2008, con l’azienda agricola di Ovaro intestata alla moglie di Giorgis, Lucia Gagliolo, e con la “Concina D.i. Concina ss”, di Tartinis.
Approdato davanti al giudice monocratico del tribunale di Udine, Angelica Di Silvestre, il caso si è concluso ieri con sentenza di assoluzione «perchè il fatto non costituisce reato». Il vice procuratore onorario Patrizia Rech aveva ribadito la ricostruzione accusatoria del pm Letizia Puppa e proposto la condanna dell’imputato a 2 anni e 4 mesi di reclusione. Dal canto suo, la parte civile, rappresentata dall’avvocato Carlo Strada, aveva chiesto anche il risarcimento dei danni, con provvisionale di 50 mila euro. A imporsi è stata invece la tesi della difesa, che con l’avvocato Maurizio Conti aveva insistito sull’«assenza totale dell’ingiustizia del profitto».
Il progetto integrato di filiera (Pif), cui le tre aziende avevano aderito, era finalizzato ad accedere ai contributi regionali del Programma di sviluppo rurale 2007-2013. A un certo punto, però, l’alleanza si incrinò e il timore di vedere il finanziamento revocato spinse Nassivera, che della cordata era il capofila, a segnalare la controversia alla magistratura. A suo dire, per garantire la realizzazione della parte del progetto di loro spettanza, Giorgis e la moglie avrebbero preteso l’erogazione di circa 60 mila euro. E lo avrebbero fatto, con «la minaccia di totale inadempimento della Gagliolo alle obbligazioni assunte con il patto».
La versione fornita dalla difesa ha suggerito una prospettazione completamente diversa dei fatti. «Fin dall’inizio – ha argomentato l’avvocato Conti –, il mio assistito e sua moglie avevano dichiarato di non avere alcun interesse reale nel progetto e avevano accettato la stipula del Pif a patto di non dover sostenere alcun esborso. Le cose non andarono così e allora Giorgis chiese a Nassivera di prestargli i 40 mila euro che sarebbero serviti per concludere il progetto, impegnandosi a restituirli a mano a mano che la Regione lo avrebbe rimborsato».
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