Clima, estati roventi ed inverni senza neve: così si sta surriscaldando il Friuli Venezia Giulia

Secondo i dati raccolti dallo European Centre for Medium-Range Weather Forecasts sugli ultimi 117 anni, la temperatura media è cresciuta di un grado dal 2000 al 2017. I picchi di temperatura sono registrati nell'ultimo ventennio, soprattutto nel Pordenonese. Pochi i giorni di gelo nell'area tra Udine e Trieste dove la colonnina di mercurio scende sotto lo zero con meno frequenza rispetto al secolo scorso
Ce ne siamo accorti anche solo ascoltando le chiacchiere al bar. "C'è poca neve". “Quest’anno è il più caldo”. “Mai tanto caldo”. I dati adesso ne danno la conferma. Il Friuli Venezia Giulia, come tutto il territorio nazionale, si sta surriscaldando. E nell’ultimo ventennio i termometri della nostra regione hanno registrato un grado in più rispetto alla media del Ventesimo secolo.
A dirlo sono le rilevazioni dello European Centre for Medium-Range Weather Forecasts che ha tenuto traccia delle tendenze meteorologiche e delle temperature negli ultimi 117 anni, dal 1900 ai giorni nostri, in un totale di 558 città europee.
La situazione in regione
Il nuovo millennio, infatti, ha segnato un aumento costante delle temperature soprattutto nell’area Pordenonese. Colonnina di mercurio in su anche per i territori di Udine, Gorizia e Trieste. Piccola nota metodologica: l’Istituto europeo ha suddiviso il territorio italiano in una griglia, in cui ogni area può contenere più di una città. I risultati di Udine valgono anche per le vicine Gorizia e Trieste, racchiuse nello stesso quadrato di ricerca e analizzate insieme.
Meno velocemente ma in tendenza con le altre regioni del Nordest, il nostro territorio ha visto nell’ultimo secolo l’aumento delle temperature medie con picchi di giornate calde (costantemente sopra i 27°C) nell’arco dell’anno e, di conseguenza, un dato a ribasso delle giornate fredde durante le quali la colonnina di mercurio, sempre in una registrazione media, ha appena toccato lo zero.
▸ TUTTI I DATI METEREOLOGICI DEGLI ULTIMI 117 ANNI NELLA ZONA DI UDINE, GORIZIA E TRIESTE
Il dettaglio di Udine e Pordenone
Per trovare i punti di calore basta guardare sulla linea del tempo e scovare i picchi negli ultimi anni: è dal Duemila che si registrano le temperature medie più alte, con livelli massimi nel 2007, 2011, 2014 e 2015. Senza dimenticare l’ondata di calore dello scorso anno con il fenomeno chiamato “Lucifero” durante il quale le temperature hanno superato i 40°C in Italia, nei Balcani e in Spagna.
Unica eccezione prima del 2000 la troviamo nel 1994, anno particolarmente caldo in estate e mite in inverno.
Nel dettaglio, nell’area che comprende Udine, Gorizia e Trieste, la temperatura è aumentata da un media di 12,6°C tra il 1900 e il 2000 a una media di 13,6°C tra il 2000 e il 2017. Nel Pordenonese, invece, si è passati da un aumento medio di 10,5°C nel ‘900 a 11,7°C nei primi 17 anni del nuovo millennio.
Parallelamente i dati raccolti riportano un’impennata del numero medio delle giornate più calde (oltre i 27°C) in un anno da 0,2 a 5,4 nell’ultimo ventennio.
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La doppia faccia del surriscaldamento del nostro pianeta si registra anche nel crollo dei numeri dei giorni di gelo. Dal 2000 al 2017 le giornate fredde (dove la temperatura si attesta intorno al -1°C ) sono state in media appena 2,1. Al contrario, dal 1900 al 2000, la colonnina di mercurio è scesa sotto lo zero in una media di 8,8 giorni all’anno.
Non va meglio se si pensa al turismo invernale sulle piste da sci. Negli ultimi anni, con la media mensile più alta del solito, le località montane hanno dovuto fare i conti con nevicate sempre meno frequenti e temperature più alte del normale.
Per rievocare un’ondata di freddo lunga e duratura in Friuli bisogna andare a ritroso nel tempo di vent’anni: fra Natale e Capodanno del 1996 vi furono infatti tre giorni di ghiaccio che interessarono l’intera regione, quando le temperature si mantennero costantemente sotto lo zero.
E prima ancora, nel 1985, quando gennaio portò dieci giorni di freddo intenso che culminarono in una grande nevicata. E poi l’inverno fra il 1962 e il 1963, il più freddo dalla seconda Guerra mondiale. Ben altro il tenore degli ultimi anni. Osservando i grafici dell’Osmer, balza agli occhi il progressivo innalzamento delle temperature, fatta eccezione per l’inverno del 2009.
Mediamente, sul nostro arco montano le precipitazioni nel mese di dicembre dovrebbero attestarsi fra i 100 e i 150 millimetri, traducendosi in pioggia o neve a seconda delle quote. Una media contraddetta dai dati degli ultimi anni. E non si vedono inversioni di rotta, almeno fino all’inizio del 2017.
La situazione in Italia e nel resto d’Europa
Come si vede nei grafici realizzati da Edjnet, la rete di giornali impegnata nei lavori di inchiesta di data journalism, il Friuli è tra le regioni del Nord Est che si riscalda più lentamente. Nella classifica europea, l’area onnicomprensiva di Udine, Gorizia e Trieste si colloca alla 226sima posizione su 558 aree considerate. Appena più alta in classifica troviamo Pordenone che occupa la 138sima posizione.
La città che si riscalda più velocemente e che guida la classifica di quelle più calde degli ultimi anni è la spagnola Granada che, dal 2000, ha visto crescere la sua temperatura di 1,5° gradi. Prima tra le città italiane, al 39esimo posto, troviamo Pavia dove le temperature sono aumentate di 1,3° gradi.
La città che ha registrato l’aumento minore della temperatura nel Ventesimo secolo è Ponta Delgada, in Portogallo (+0,1°C).
Guardando alle città vicine, oltre a pavia cresce la temperatura anche a Venezia dove l’evoluzione media dal 2000 registra un +1,1°C. Alla stessa velocità di Pordenone, anche la temperatura di Lubiana è cresciuta negli ultimi 17 anni di +1,2°C.
Le conseguenze immediate del caldo
Conseguenze infrastrutturali per strade e ferrovie. Rischi per la salute e crollo della produttività scolastica. Territori sempre più aridi e clima in montagna sempre più caldo. Senza tralasciare l’ondata di malattie portate da insetti come zanzare e zecche. Lo studio dell’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts ha elencato tutte le principali implicazioni dell’aumento delle temperature del nostro ecosistema.
L’ondata di caldo del luglio e dell’agosto 2003, per esempio, è la causa del decesso di 52mila persone in tutta Europa, secondo uno studio del think-tank Earth Policy Institude. Tra le categorie più a rischio ci sono sicuramente gli anziani.
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Le encefaliti trasmesse dalle zecche e le erlichiosi sono in aumento negli ultimi decenni, probabilmente a causa delle temperature più elevate. Su questo fronte, l’estate che stiamo per lasciarci alle spalle è stata segnata dall’aumento dei casi di persone colpite dalla Febbre del Nilo. Solo in Friuli Venezia Giulia ci sono stati due decessi (le persone erano affette già da importanti patologie) e decine di ricoveri in ospedale.
A risentire del caldo sono anche gli scolari. Diverse ricerche dimostrano che quando la temperature media supera i 22°C, le capacità di apprendimento degli allievi calano. Nell’area di Udine e Trieste il numero di giorni di scuola in cui la temperatura ha superato questa soglia è passato da 1 per ogni anno del Ventesimo secolo a 4,9 dal 2000. A Pordenone, invece, si è passati da una media di 0,23 giornate nel 1900 a 2,7 dal nuovo millennio. Può sembrare poco, ma, se si fossero svolti degli esami in quei giorni gli alunni sarebbero stati svantaggiati.
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Sono state analizzate due serie di dati dello European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (Ecmwf), Era-20c per il periodo1900–1979 ed Erainterim per il periodo 1979–2017.
Entrambe le serie di dati sono "rianalisi"; questo vuol dire che gli scienziati dello Ecmwf hanno usato un ampio spettro di fonti (satelliti, stazioni meteo, boe, sonde aerostatiche) per fare una stima di una serie di variabili applicate a quadrati di circa 80 chilometri di lato (125 chilometri di lato per le serie di dati ERA-20C).
Se le stazioni meteo forniscono dati molto più affidabili sul momento, le rianalisi dell'Ecmwf sono molto più adatte per una ricerca sul lungo periodo come questa. Le stazioni meteo possono spostarsi o, come più spesso accade, le città si estendono intorno a esse, rendendo i dati meno affidabili quando si vanno a guardare tendenze centennali.
Detto questo i dati dell'Istituto europeo non tengono conto dei microclimi o delle isole di calore; perciò è probabile che le vere temperature a Udine, Trieste, Pordenone o Gorizia sono di uno o due gradi superiori a quelle indicate in questo documento (la tendenza invece non cambia).
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