Friuli fanalino di coda a Nordest: bruciati 6.500 posti di lavoro, under 45 senza alternativa

Regione spaccata in due: dal 2008 al 2017 scesi i dipendenti del privato a Udine e Pordenone, aumentati a Gorizia e Trieste
Sono i contratti a termine ad aver trainato verso l’alto l’occupazione, cresciuti tra il 2014 e il 2017 del 32,5% (pari a +12 mila 696 unità), ben più dei tempi indeterminati che sono cresciuti sì, ma solo del 2,8% (+6.547 unità). «Nel 2015 – ricorda Russo – si è registrato un notevole impulso all’occupazione a tempo indeterminato dopo anni di declino, complici gli incentivi concessi alle imprese, che prevedevano l’abbattimento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (fino a 8 mila e 60 euro all’anno per un triennio). Inoltre, da marzo 2015, nell’ambito del Jobs Act è entrato in vigore il cosiddetto contratto a tutele crescenti, con cui è stata introdotta una nuova regolamentazione dei licenziamenti individuali e collettivi».
Il risultato di questi provvedimenti è stato in prima battuta ampiamente positivo: tra dicembre 2014 e dicembre 2015 in Fvg il numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (apprendistato escluso) è cresciuto di oltre 12 mila 300 unità per poi diminuire di mille e 200 unità nel 2016 (causa la riduzione dell’entità) e di 4 mila 300 occupati nel 2017. «La differenza – rileva ancora Russo – rimane ancora positiva, pari a quasi 6 mila 800 occupati in più a tempo indeterminato nella nostra regione (da 222 mila 442 sono passati a 229 mila 232). Nel contempo l’incidenza dell’occupazione a termine è salita dal 12% di fine 2015-inizio 2016 a valori vicini al 20% negli ultimi mesi dello scorso anno». Sono cresciuti infine anche i contratti part-time che nell’ultimo triennio hanno messo a segno un +11% contro lo 0,4% dell’occupazione a tempo pieno.
Raddoppiati gli addetti con più di 54 anni
La crisi economica ha impresso i suoi effetti sull’occupazione anche a livello anagrafico colpendo in particolare le generazioni giovani al contrario di quelle “over”. Particolarmente rilevante è infatti l’aumento dei lavoratori con più di 54 anni che sono più che raddoppiati tra il 2008 e il 2017, passando da 21 mila 724 unità a 44 mila 939 unità.
Il giro di boa nel decennio si ha intorno ai 45 anni d’età. Prima gli occupati calano, dopo invece crescono. Mettendo in fila i dati, Ires osserva infatti un consistente aumento – in media del 50% – dei dipendenti con più di 45 anni, effetto sia dell’innalzamento dell’età pensionabile, sia delle dinamiche demografiche in atto. In Fvg, infatti, nell’ultimo decennio la popolazione nella fascia di età 25-44 anni è diminuita del 21%, che significa quasi 76 mila residenti in meno, mentre nella classe 45-54 anni è cresciuta del 20%, pari a 33 mila unità in più (fonte Istat).
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L'effetto sul mercato del lavoro
L’effetto sul mercato del lavoro è stato evidente. Dai 68 mila 520 del 2008, i lavoratori tra i 45 e i 54 anni sono passati a 90 mila 749 (+32%), mentre come detto gli over 54 anni sono più che raddoppiati (+106,9%).
Se dunque da un lato le classi d’età superiori hanno fatto significativi passi avanti, dall’altro a patire sono stati i giovani. Gli occupati under 25 del settore privato, che nel 2008 erano 24 mila 654, nell’arco del decennio sono “caduti” del 32%, perdendo ben 7 mila 878 posti di lavoro in questa fascia d’età cui va aggiunta la selezione fatta tra le file dei lavoratori tra i 25-34 anni, passati da 81 mila 160 a 56 mila 417 (-30,5%, 24 mila 743 lavoratori persi in valore assoluto). Ennesimo segno meno davanti alla classe d’età 35-44: la variazione nel triennio è stata del -19,2% (-19 mila 385 unità).
Il totale è di 52 mila posti di lavoro andati in fumo tra le file degli under 45 contro i 45 mila 444 guadagnati dagli over, tanti ma insufficienti a recuperare il gap dell’occupazione giovanile che ha scontato, tra l’altro, anche la riduzione degli apprendisti (-34,6%). Altra dinamica evidente di questi ultimi anni è l’aumento particolarmente sostenuto dei rapporti di lavoro a tempo parziale. Considerando i soli contratti a tempo indeterminato, Ires osserva che la componente part time nell’ultimo decennio è passata da circa il 18% del totale al 25%. L’incidenza per le donne è aumentata dal 39% al 48,5%, per gli uomini è raddoppiata, dal 4% all’8%, a indicare che sempre più spesso si tratta di una condizione involontaria, determinata dall’impossibilità di trovare un’occupazione a tempo pieno, con evidenti riflessi negativi anche sulle retribuzioni in busta paga.
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