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Un mese dopo l'alluvione, fango e tetti sfregiati: anche le chiese si ritrovano a fare la conta dei danni

La Soprintendenza ha attivato l’unità di crisi del ministero. Già stanziati 25 mila euro per l’area archeologica di Ovaro

Christian Seu
2 minuti di lettura

UDINE. «Prima le fabbriche, poi le case, poi le chiese». Nel 1976, dopo il sisma che squassò il Friuli, monsignor Alfredo Battisti - allora vescovo di Udine - scandì l’ordine di priorità da seguire per procedere alla ricostruzione, componendo un ritornello passato alla storia. Che è stato seguito con rigore anche in questo mese dedicato a cicatrizzare le ferite che il maltempo ha inferto al vigoroso corpo dell’Alto Friuli.

I danni ai beni culturali e architettonici ammontano a decine di migliaia di euro: per quantificarli al centesimo la Soprintendenza (che ha attivato la sua Unità di crisi a livello nazionale) e la Diocesi si sono presi ancora qualche settimana, tempo necessario a completare i sopralluoghi e pianificare gli interventi di ripristino.

La montagna non si spezza: il nostro speciale multimediale a un mese dall'alluvione

Le chiese di Ovaro più vicine al corso del Degano hanno patito i danni maggiori. Quella di San Martino resterà chiusa ancora a lungo, con le navate invase dal fango, gli impianti elettrici da rifare, le vetrate buttate giù dalle raffiche. «Speriamo di tornare a dire messa il prossimo anno per San Martino», spiega il parroco, monsignor Gianni Pellarini, elencando le magagne con le quali la pieve altomedievale deve fare i conti.

La Soprintendenza ha subito stanziato 25 mila euro, che serviranno a mettere in campo i primi interventi per salvaguardare il patrimonio archeologico della chiesetta, compreso il battistero esagonale paleocristiano emerso durante la campagna di scavi completata nel 2004.

«Bisogna scavare di nuovo: i ritrovamenti sono stati completamente coperti dal fango, entrato dalle griglie di aerazione. Poi ci saranno le vetrate e gli impianti elettrici da risistemare», spiega monsignor Pellarini.

Che si trova a dover fronteggiare anche la devastazione che ha colpito la chiesa di Sant’Ulderico a Ovasta: è crollata una parte del soffitto, con i calcinacci che si sono abbattuti sui banchi. Acqua e vento, fango e raffiche: queste ultime hanno mandato kappaò l’orologio della chiesa di Liariis, spezzando e facendo poi ripiegare su sé stessa la lancetta dei minuti.

«È stato proprio il vento a spaventare chi abita la vallata del Degano – racconta il parroco –. Raffiche prolungate, che per ore hanno spazzato il territorio, mica una tromba d’aria che passa e se ne va. E poi l’alluvione: persino peggiore rispetto a quello del 1966, che a Ovaro provocò meno danni dell’ondata di maltempo del mese scorso».

Nell’elenco delle chiese che hanno subito danni, stilato della Soprintendenza, figurano anche la chiesa di San Giorgio a Claut (il manto di copertura del campanile risulta dissestato) e il duomo di San Mauro a Maniago, che deve fare i conti con le infiltrazioni d’acqua dal tetto.

Gravemente lesionata anche la copertura della chiesa dei Santi Vito, Modesto e Crescenzia di Paularo, dalla quale si sono letteralmente le lamiere, sollevate dalle raffiche. A Chiusaforte sono volati via i pannelli metallici del timpano della facciata della parrocchiale, mentre nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù è venuto giù il portone. Non si contano poi le segnalazioni per la caduta di coppi, da Tolmezzo ad Amaro, fino a Pontebba.

E, lasciando le chiese e l’Alto Friuli, la Soprintendenza è intervenuta anche a Palmanova, dove Porta Udine ha accusato problemi di infiltrazioni.

«Abbiamo attivato l’unità di crisi e auspichiamo di recuperare fondi utili ai restauri anche dal ministero – spiega la soprintendente del Fvg, Simonetta Bonomi –. Abbiamo effettuato decine di sopralluoghi, coordinandoci con Protezione civile e Diocesi, con le quali saranno definite anche le modalità degli interventi di ripristino».


 

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