Tre anni senza Giulio Regeni, l'appello per la ricerca della verità
Il ricercatore era da qualche mese al Cairo per un dottorato sui sindacati indipendenti egiziani. Dopo depistaggi e indagini su alcuni ufficiali dei servizi segreti la verità non è ancora emersa
Denis Artioli
Regeni, a Fiumicello il ricordo del ricercatore italiano ucciso tre anni fa
UDINE. Oggi sono tre anni dalla scomparsa di Giulio Regeni e senza la verità sulla sua morte: il 25 gennaio 2016, dalle 19.41, quando inviò l’ultimo sms alla sua fidanzata infilandosi nella metropolitana del Cairo, si persero le tracce di Giulio, svanito nel nulla, un buio totale. Dieci giorni di angoscia per la famiglia finiti nel modo peggiore, con il ritrovamento del corpo senza vita il 3 febbraio, a lato di una strada alla periferia del Cairo. Un mistero finora senza risposte.
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Da tre anni gli striscioni gialli che chiedono “verità per Giulio Regeni” sono appesi ai balconi e alle finestre di palazzi pubblici e case private, scuole università e associazioni e continuano a replicarsi, perché non si dimentichi che un ragazzo italiano è stato ucciso in Egitto in circostanze misteriose. La verità richiesta da migliaia di persone non è mai emersa: depistaggi, reticenze, tensioni tra Italia ed Egitto. Ma non si sa ancora perché Regeni sia stato ucciso.
Dall’Egitto sono arrivate le versioni più disparate: dall’incidente stradale all’omicidio con moventi personali. Il cadavere, però, mostrava segni compatibili con atti di brutale tortura. Il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, ha indicato nel tipo di ricerca che stava effettuando Regeni uno dei moventi possibili. Davanti al Copasir, Pignatone ha anche affermato, recentemente, che gli inquirenti italiani hanno fatto tutto il possibile sotto l’aspetto giudiziario. Soloamente qualche mese dopo il ritrovamento del cadavere, i magistrati egiziani hanno detto che il ricercatore era stato sottoposto a indagine da parte della polizia, ma non erano stati ravvisati problemi per la sicurezza nazionale.
Visto che l’Italia da sola non riesce ancora a ottenere giustizia, il presidente della Camera, Roberto Fico, ha inviato una lettera ai presidenti dei Parlamenti Ue sul caso Regeni per chiedere «che ci aiutino a trovare la verità». E dopo tre anni di indagini, il 4 dicembre sarebbero stati iscritti nel registro negli indagati cinque ufficiali dei servizi segreti egiziani. Ma la situazione è in stallo, è la sintesi del procuratore capo Pignatone.
I magistrati italiani ed egiziani, in un comunicato congiunto, a novembre, hanno riaffermato «la determinazione a proseguire le indagini e incontrarsi nuovamente nel quadro della cooperazione giudiziaria, sino a quando non si arriverà a risultati definitivi nell’individuazione dei colpevoli dell’omicidio di Regeni».
«Abbiamo una speranza: che non ci sia un quarto 25 gennaio senza che siano state accertate per via giudiziaria le responsabilità per la sparizione, la tortura e l’uccisione di Giulio – sottolinea Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia –. Continuiamo a chiedere quella verità a due governi: quello italiano che deve reclamarla con azioni più decise e quello egiziano che deve fornirla senza ulteriori ritardi».
Alle 19.41 di oggi, in oltre 100 piazze italiane, migliaia di luci saranno «pronte ad accendersi in occasione del terzo anniversario della sparizione di Giulio Regeni al Cairo»: è l’iniziativa di Amnesty che ricorda come «il 25 gennaio 2016 il nome di Giulio Regeni si aggiunse a quelli dei tanti egiziani e delle tante egiziane vittime di sparizione forzata».
A Roma, oggi, anche la fiaccolata (dalle 18.30) in piazza Montecitorio, con l’adesione della Federazione nazionale della stampa, Ordine dei giornalisti, Articolo 21 e UsigRai. Il presidente della Fnsi sarà a Fiumicello per partecipare, con la famiglia Regeni alla manifestazione organizzata dai concittadini di Giulio. Per non dimenticare, perché la verità sulla morte di Giulio Regeni venga finalmente a galla.
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