Le creazioni di Martina Cella protagoniste ad “Altaroma”

. Un’altra carnica che si distingue in campo nazionale, Martina Cella, 27 anni di Tolmezzo si è imposta nel mondo della moda questa volta, dopo l’esperienza di due anni fa alla Camera nazionale della Moda italiana di Milano, con una collezione propria. Martina ha presentato una sfilata, tenutasi nella prima giornata di Altaroma, nella area Pratibus district, selezionata quest’anno come location fulcro dell’intera Fashion week alla quale hanno preso parte altri nove stilisti. La giuria, composta tra l’altro da Simonetta Gianfelici di Altaroma, Sara Maino di Vogue Italia, Silvia Venturini Fendi per Fendi e Alberta Ferretti ha aggiudicato il primo posto proprio alla stilista carnica in questa prestigiosa cornice di Altaroma, nuova piattaforma di lancio per i designer emergenti. Dalla promozione del Made-in-Italy alla tutela dei valori artigianali che hanno reso Roma celebre nel mondo, l’intento programmatico di Altaroma si concretizza nella valorizzazione delle eccellenze e nella sperimentazione. A presentare la collezione di Martina hanno sfilato 14 ragazze indossando 26 outfit. La collezione è composta da una cinquantina di pezzi. Il tema principale della collezione era il contrasto. «Ho voluto rappresentare due donne diverse, la tradizione delle campagne dell’est Europa, in contrasto con quelle più dinamiche e robotiche della città che indossano tailleur maschili e abiti in seta stampata nel tempo libero. Due realtà equidistanti che si uniscono nella collezione creando una donna forte e stabile, sicura, senza paura del futuro».
Questa la filosofia di Martina per questa rassegna, che è stata ispirata da un suo viaggio in Romania, social, disegni fatti a mano, giacche da sci vintage del papà e ricordi dell’adolescenza. «Questa è stata la mia prima sfilata individuale in un contesto così importante come lo è Altaroma, è stata un’emozione unica, di tutti i mesi di lavoro che precedono una sfilata di soli 15 minuti mi rimarranno impressi quei dieci secondi dietro le quinte, quando le ragazze, con i miei abiti, in fila indiana sono uscite trionfanti precedendo il mio saluto finale. In quel momento ho raccolto tutti gli applausi e ho capito che tutta l’energia che questa collezione mi ha preso era servita a raccontare un pezzo di me agli altri». —
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