Morì dopo un infarto, assolti i tre medici che lo visitarono
Lorenzo De Cillia, 61 anni, era spirato a tre settimane da quando si sentì male. I difensori: non era possibile prevedere quanto è successo da quei sintomi

TREPPO CARNICO. Si è sentito male durante la notte, ma nessuno dei tre medici che ha consultato ha individuato in quei sintomi l’infarto miocardico acuto che lo avrebbe ucciso.
A distanza di quattro anni dalla morte di Lorenzo De Cillia, 61enne di Treppo Carnico deceduto all’ospedale di Udine l’8 febbraio del 2015, i medici che lo avevano seguito sono stati assolti dall’accusa di omicidio colposo dal gup del tribunale di Udine Mariarosa Persico. Si trattava di Antonio Ziccarelli udinese di 38 anni difeso dall’avvocato Tiziana Odorico, Dario Uderzo, 43 anni di San Daniele, assistito da Maurizio Landelli, e Lucia Navarra 67 anni di Rigolato, rappresentata da Sarah Pesamosca.
Era stata la convivente di De Cillia, nella notte fra il 17 e il 18 gennaio 2015, a chiamare la guardia medica di Ovaro riferendo che l’uomo accusava dolori alla schiena, alle spalle, al torace e senso di vomito. Il medico di guardia, sospettando una sindrome influenzale, aveva prescritto telefonicamente una terapia farmacologica orientata in questo senso.
E i sintomi si erano attenuati, come era stato assicurato al medico in una successiva telefonata; salvo poi riacutizzarsi, tant’è che in seguito alla terza chiamata il medico di guardia Ziccarelli si era recato a casa del paziente e lo aveva visitato.
E aveva confermato la diagnosi del collega, prescrivendo analoga terapia e suggerendo al paziente di rivolgersi al proprio medico di base. Così aveva fatto De Cillia il giorno successivo.
La dottoressa Lucia Navarra, dopo approfondita visita, formulava una diagnosi di tipo muscolo-articolare, impostando adeguata terapia. Ma dopo una temporanea regressione, i sintomi erano peggiorati, tant’è che il 26 gennaio Navarra, sospettando un interessamento di tipo cardiaco, aveva inviato con urgenza il paziente all’ospedale di Tolmezzo per una diagnosi più precisa. Ed è in quel frangente che, vista la gravità della situazione, De Cillia era stato trasferito all’ospedale di Udine dove è spirato l’8 febbraio.
Da queste premesse era nata l’indagine della Procura di Udine, coordinata dal pm Andrea Gondolo, che aveva portato all’iscrizione nel registro degli indagati dei due medici di continuità assistenziale e del medico di base, tutti accusati di aver omesso di inviare tempestivamente il paziente al Pronto soccorso e, per i due professionisti della guardia medica, di non aver disposto ulteriori e più approfonditi controlli. Sul procedimento, approdato al giudizio abbreviato dopo un’imputazione coatta, c’era già stata una richiesta di archiviazione proposta dal Pm.
Ma il quadro clinico del paziente era del tutto aspecifico – era la tesi delle difese – non vi erano sintomi che orientassero i tre medici su una patologia di tipo cardiaco, tanto più che il paziente riferiva di essersi sottoposto ad alcuni sforzi che potevano giustificare i dolori lamentati. Da qui le versioni concordanti dei tre medici, hanno sostenuto i difensori, puntando sulla mancanza di un nesso di causalità fra quei sintomi e l’infarto sopraggiunto, hanno evidenziato, in un momento che non si è potuto accertare.
“Assolti perché il fatto non costituisce reato”, il verdetto emesso dal giudice.
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