Cava di gesso, addio al progetto Lo stop dal Consiglio di Stato
I giudici hanno bocciato i ricorsi del gruppo Grigolin e la richiesta di risarcimento Il vicesindaco: la vittoria dopo 15 anni di battaglie che hanno bloccato la fusione

«È finita!!!». L’annuncio del vicesindaco di Raveo Daniele Ariis arriva in serata via Whatsapp e ha un sapore dolce-amaro. A porre fine a 15 anni di battaglie legali sulla cava di gesso Chiarzò, scandite da ben cinque ricorsi, è stata una sentenza pronunciata dal Consiglio di Stato che ha dichiarato improcedibili gli appelli presentati dalla Cps Srl di Caneva (che fa parte del gruppo di cavatori veneti Grigolin) e ne ha respinto la richiesta risarcitoria. La vertenza, che ha tenuto in ostaggio per lungo tempo la comunità di Raveo con una non meglio precisata richiesta risarcitoria pari a 22 milioni di euro, ha coinvolto anche la Regione, i Comuni di Villa Santina, di Enemonzo, Lauco, Verzegnis, l’Ente parco delle Colline carniche e il Comitato tecnico scientifico per i parchi e le riserve. Su quella vertenza si è arenato il progetto di fusione fra i comuni di Raveo e Villa Santina e per quel fallimento il sindaco di quest’ultimo comune, Romano Polonia, si è dimesso.
lE ORIGINI
Di una possibile cava di gesso si cominciò a parlare a Raveo nel periodo della ricostruzione post-terremoto in seguito a una richiesta da parte della società Settentrionale trasporti. Fu una mobilitazione popolare a bloccare il progetto cui il consiglio comunale aveva già dato il proprio assenso. Ma nel 1999 l’amministrazione Solari varò un piano regolatore che vedeva il raddoppio della zona estrattiva, portata a 10 ettari. Nel febbraio 2004 la ditta Cps Srl depositò in regione lo studio di impatto ambientale per la Via relativo alla coltivazione di una cava. Fu allora che il problema emerse.
IL PROGETTO
La cava di gesso “Chiarzò” doveva sorgere su tre livelli in un’area di 10 ettari vicino al paese, fra i 450 e gli 800 metri. Progettata per un ventennio di attività, doveva consentire l’estrazione di 1.250.000 metri cubi di materiale.
I ricorsi
Nonostante il parere contrario di Comune, Provincia, Ispettorato forestale, Arpa e Comunità montana, il 2 agosto 2006 la commissione Via diede parere favorevole al progetto. Fu nei confronti di questo provvedimento che partì il primo ricorso al Tar dalla municipalità di Raveo. Un’azione che intraprese anche il Wwf. Un mese più tardi i Comuni di Villa Santina, Enemonzo e Lauco raddoppiarono con una variante l’estensione del Parco delle colline carniche includendo nell’ampliamento l’area della cava. Con una variante al Piano regolatore comunale, inoltre, il Comune dopo aver inserito norme di salvaguardia, stralciò l’area della cava. Su quegli atti la Cps fece partire una serie di ricorsi risultati favorevoli al Comune di Raveo, poi impugnati dalla ditta.
maxi–risarcimento
Mentre ancora si attendeva il pronunciamento del Consiglio di Stato, il progetto di fusione di Raveo con Villa Santina – dopo che quella con Enemonzo e Lauco era saltata– arrivò a un referendum che sembrava destinato a suggellare il progetto. Ma il panico sugli esiti di una causa risarcitoria della Grigolin che veniva definita milionaria alimentata in campagna elettorale anche da un’ampia opera di volantinaggio che intimorì gli abitanti di Villa Santina, ribaltò il responso e fece in modo che a Villa Santina il 29 ottobre 2017 prevalesse il no.
la sentenza
È stata pubblicata venerdì la sentenza pronunciata dal consiglio di Stato che ha dichiarato improcedibili gli appelli proposti da Cps Srl rigettando la richiesta risarcitoria («formulata – osservano i giudici – in termini assolutamente generici») e mettendo un punto all’intera vicenda. «Una decisione che ci riempie di soddisfazione – commenta Ariis –. Un plauso ai nostri avvocati Marco Marpillero e Matteo Cerruti che hanno combattuto con noi questa battaglia, purtroppo giunta al termine quando il processo di fusione era già andato a monte».
Le prospettive
«A questo punto la nostra proposta di utilizzo per quei terreni, divenuti di proprietà Grigolin – suggerisce il vicesindaco – è quella di creare una cooperativa di comunità alla quale anche loro potrebbero partecipare, mettendo a disposizione terreni particolarmente vocati per un impianto di nocciole, noci e castagne della Carnia, mentre il Comune metterebbe a disposizione l’ex scuola elementare per il laboratorio di trasformazione. In alternativa, gli stesi Grigolin potrebbero coinvolgere i loro conterranei viticoltori per un bel vigneto di prosecco». —
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