Caso Regeni, un agente egiziano rivela: "L'abbiamo preso noi, pensavamo che fosse una spia"
Un supertestimone racconta di aver ascoltato un dialogo tra agenti egiziani: «Credevamo che fosse una spia inglese, lo abbiamo preso, io sono andato e dopo averlo caricato in macchina abbiamo dovuto picchiarlo. Io l’ho colpito al volto». L'avvocato della famiglia: confermiamo gli sviluppi dell'inchiesta
Giacomina Pellizzari
UDINE. «Credevamo fosse una spia inglese, l’abbiamo preso noi». L’ammissione indiretta di un funzionario della National security egiziana fa fare un nuovo passo avanti verso la verità sulla morte di Giulio Regeni, il ricercatore friulano torturato e ucciso, più di tre anni fa, al Cairo.
Nella capitale egiziana, Giulio svolgeva una ricerca sui sindacati indipendenti, era un dottorando dell’università di Cambridge. Tradito dal capo del sindacato degli ambulanti, Giulio scomparve il 25 gennaio 2016 e il suo corpo massacrato venne ritrovato il 3 febbraio ai bordi dell’autostrada Cairo-Alessandra. Le autorità egiziane hanno tentato più volte di depistare le indagini, ma la Procura di Roma che, nei giorni scorsi ha inviato una nuova richiesta di rogatoria,
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Il super testimone. Nell’estate 2017, seduto al tavolo durante un momento conviviale, l’ufficiale dell’intelligence egiziana parla del «ragazzo italiano». Al tavolo vicino siede una persona che comprendendo l’arabo capisce che le parole di quell’uomo si riferiscono a Giulio Regeni.
«Ci convincemmo che era una spia e scoprimmo che il 25 gennaio doveva incontrare una persona che ritenevamo sospetta – avrebbe detto l’ufficiale nella ricostruzione fatta dal testimone riportata dai quotidiani “La Repubblica” e “Corriere della Sera” –. Lo abbiamo preso e dopo averlo caricato in macchina abbiamo dovuto picchiarlo. Io stesso l’ho colpito più volte al volto». Il testimone occasionale ascolta e tace. Ora però questa persona ha deciso di riferire la conversazione ai legali e ai consulenti della famiglia Regeni, coordinati dall’avvocato Alessandra Ballerini.
La famiglia. I genitori di Giulio, Paola Deffendi e Claudio Regeni, hanno messo a disposizione della Procura di Roma il racconto del testimone occasionale ritenuto attendibile dagli inquirenti. In queste ore, dopo aver fatto questo passo, i genitori di Giulio preferiscono restare in silenzio nella loro casa di Fiumicello. Lo stesso fa l’avvocato che nel confermare il nuovo passo avanti delle indagini, preferisce non rilasciare alcuna dichiarazione. Il fatto che la Procura di Roma abbia chiesto una nuova rogatoria rafforza la fiducia nella magistratura da parte dei familiari e di tutti coloro che avevano avuto modo di conoscere e apprezzare Giulio, un ragazzo prima che uno studioso con lo sguardo sempre aperto sul mondo.
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I genitori di Giulio non commentano neppure sui social la vicenda: la madre, sul suo profilo Facebook, si è limitata a postare solo la rassegna stampa. Ma le testimonianze di affetto non mancano, tanto meno gli inviti a resistere. In questi tre anni, anche attraverso gli account “Verità per Giulio Regeni”, da tutto il mondo sono arrivate attestazioni di solidarietà. Gli striscioni gialli sono ancora esposti in buona parte dei palazzi istituzionali e gli appelli si susseguono.
L’inchiesta. Il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco considerano la testimonianza attendibile con altri elementi acquisiti nell’indagine. Tant’è che il funzionario indicato dal testimone è uno dei cinque iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Roma con l’accusa di sequestro di persona. Il testimone ha descritto in modo circostanziato i partecipanti al pranzo e il luogo dove si sarebbe svolto. Lo stesso testimone ha rivelato anche il nome dell’ufficiale dell’intelligence egiziano che non conosceva. A questo punto diventano fondamentali le risposte alle domande poste, nella rogatoria, dagli inquirenti italiani sugli spostamenti del militare sotto accusa. L’atto potrebbe avere anche risvolti politici, non a caso il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha ritenuto di informare personalmente il presidente egiziano Al Sisi.
Il senatore Manconi. Luigi Manconi, già senatore del Pd, da sempre impegnato nella difesa dei diritti umani, fuori e dentro il Parlamento sostiene la famiglia Regeni nella ricerca della verità. Oggi definisce la nuova testimonianza e la richiesta di rogatoria «una cosa importante perché conferma le acquisizioni della Procura di Roma». Sul caso si era interessato pure il presidente della Camera, Roberto Fico, che nel terzo anniversario della morte ha partecipato alla fiaccolata, a Fiumicello. Fico è uno dei promotori della commissione d’inchiesta istituita solo qualche giorno fa, assegnandole gli stessi poteri della magistratura.
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