Viene accusato dalla moglie e dalla figlia di molestie e violenza, ma è una bugia: assolto
Tutti episodi privi di riscontri e, quindi, di elementi sfavorevoli all’imputato, a dire dei legali, che nell’argomentare la difesa avevano contestato sia le testimonianze rese dalla minorenne e da sua madre, sia la vaghezza del capo d’imputazione

Non era vero niente. La ragazzina si era inventata tutto e sua madre le era andata dietro, mettendolo in un mare di guai: accusato di maltrattameni sulla figlia e la moglie e, verso quest’ultima, anche di violenza sessuale in almeno cinque anni di matrimonio, un 47enne originario dell’Est Europa e residente in città aveva assistito impotente allo sfascio della propria famiglia e patito il travaglio di un procedimento giudiziario lungo e doloroso. Ma lui, che sapeva di essere innocente e che per questo ha sempre presenziato alle udienze del processo, ieri è finalmente uscito dal tribunale con il sorriso sulle labbra. «Mi sono tolto un bel macigno», ha detto ai suoi avvocati, dopo che il collegio giudicante lo ha dichiarato assolto.
«Il fatto non sussiste», ha scandito il presidente Paolo Alessio Vernì (a latere, le colleghe Carlotta Silva e Giulia Pussini). Tutt’altra la conclusione della Procura, che aveva chiesto la sua condanna a 6 anni di reclusione. Nel procedimento, peraltro, madre e figlia, che da tempo sono tornate a vivere con lui, non si erano costituite parte civile. Massima soddisfazione è stata espressa dai difensori, gli avvocati Daniele Vidal e Monica Lauzzana, convinti fin dalle prime battute dell’inchiesta, coordinata dal pm Annunziata Puglia, dell’estraneità del proprio assistito ai fatti in contestazione.
Tutti episodi privi di riscontri e, quindi, di elementi sfavorevoli all’imputato, a dire dei legali, che nell’argomentare la difesa avevano contestato sia le testimonianze rese dalla minorenne e da sua madre, sia la vaghezza del capo d’imputazione. «Non è mai stato chiarito né dove, né quando sarebbe avvenuta la violenza sessuale – ha detto l’avvocato Vidal –. Nel capo d’imputazione ci si limita a indicare un arco temporale compreso tra il 2005 e il 2010, pure a fronte del ridimensionamento dei fatti suggerito dalla stessa parte offesa, che già in fase d’indagini aveva parlato di una sola, per quanto fumosa, circostanza». Da qui, anche i dubbi circa la procedibilità dell’azione penale, considerato che la querela va presentata entro sei mesi dall’accadimento.
Era stata una segnalazione della ragazzina al servizio di ascolto della scuola a mettere in moto la macchina giudiziaria. Approdato prima sui tavoli del tribunale dei minori di Trieste e poi anche su quelli della Procura friulana, il caso aveva determinato l’allontanamento immediato della figlia e dei suoi fratelli dal padre. Un inferno che l’uomo aveva affrontato con coraggio e che si era concluso positivamente già davanti alla magistratura minorile, con il riconoscimento di comportamenti scevri da pericoli per la crescita e l’educazione dei figli. «Non vedeva l’ora che la famiglia tornasse a casa – ha ricordato l’avvocato Vidal – e adesso che la sua credibilità è stata ristabilita siamo doppiamente lieti per lui».
A monte della montagna di bugie raccontate sul conto del padre, secondo la difesa, la paura di essere spedita a studiare nel Paese d’origine, se non avesse migliorato il proprio rendimento scolastico. Perché del «clima di avvilimento, timore e sofferenza» prospettato dalla Procura, l’istruttoria dibattimentale non ha prodotto alcuna traccia. —
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