Giovane astrofisico di Meduno scopre le cause del brillamento dei buchi neri
Luca Comisso, ricercatore alla Columbia university, ha elaborato una teoria che si basa sul movimento degli elettroni

Nuova scoperta dell’astrofisico di Meduno Luca Comisso, ricercatore alla Columbia university di New York: il giovane studioso ha elaborato una teoria secondo la quale gli elettroni sarebbero alla base del cosiddetto brillamento dei buchi neri.
In sostanza, questi ultimi e le stelle di neutroni hanno un ambiente circostante che si illumina con la radiazione elettromagnetica emessa. Uno studio che affronta un tema ostico e difficile da spiegare in maniera semplice, ma che rappresenta un nuovo e importante risultato per Luca, nonché motivo di orgoglio per la “sua” Meduno, paese nel quale è cresciuto e in cui vivono i congiunti.
Un lavoro realizzato assieme all’assistente professore di astronomia della Columbia Lorenzo Sironi e pubblicato su The astrophysical journal. La recente scoperta arriva a soli tre anni da un’altra: nel 2016, Comisso aveva spiegato quando e perché si libera una grande quantità di energia magnetica in alcuni fenomeni tra cui le eruzioni solari. Allora era ricercatore all’università di Princeton, nel New Jersey, e long-term visitor al Theory department del Princeton Plasma physics laboratory, ossia il laboratorio nazionale di energia degli Stati Uniti per la fusione nucleare e la fisica del plasma. Ora un nuovo percorso sempre nell’ambito universitario e una nuova teoria.
Come si legge su Universe journal, Eurekalert e Columbia news, che hanno dedicato ampio spazio al nuovo lavoro del giovane medunese, per anni gli scienziati hanno speculato sull’origine della radiazione elettromagnetica emessa dalle regioni celesti che ospitano buchi neri e stelle di neutroni. Gli astrofici sono convinti che la radiazione ad alta energia che fa brillare questi ultimi nasca da elettroni che si muovono quasi alla velocità della luce: sul processo di accelerazione di tali particelle, però, sinora incombeva un punto interrogativo.
Ecco quindi che lo studio che porta la firma di Comisso e del collega Sironi cerca di dipanare il mistero. Dopo avere realizzato simulazioni su supercomputer, tra le più grandi al mondo in questo campo di ricerca, per calcolare i processi che accelerano le particelle, i due astrofisici sono arrivati alla conclusione che l’eccitazione è il frutto dell’interazione tra il moto caotico e di riconnessione di campi magnetici superpotenti.
«Turbolenza e riconnessione magnetica, ossia un processo in cui le linee del campo magnetico si strappano e riconnettono velocemente – ha spiegato Comisso -, cospirano insieme per accelerare le particelle, aumentandole a una velocità che si avvicina a quella della luce».
È molto difficile affrontare la matematica delle turbolenze: non a caso è uno dei sette problemi matematici del millennio, al quale è legato il premio The millennium prize. Una scoperta non da poco è stata effettuata, ma la ricerca prosegue.
«Il fatto di avere individuato una connessione importante tra turbolenza e riconnessione magnetica per accelerare le particelle è un primo passo – ha commentato il ricercatore -. Resta ancora molto da fare. I progressi in quest’ambito di ricerca sono il risultato di grandi collaborazioni, non del contributo di pochi scienziati». In campo ci sono altri studiosi, tra cui quelli del Plasma astrophysics dell’università del Colorado Boulder.
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