Non c’è solo Safilo nella crisi: in Friuli 10 mila lavoratori appesi a un filo
L’allarme dei sindacati. Stasio (Fim Cisl): fase molto complicata. Pezzetta (Cgil): «Pesano i dazi Usa-Cina e la frenata tedesca»
Maura Delle Case
UDINE. La portata della vertenza Safilo e le conseguenze occupazionali che promette di lasciarsi alle spalle accendono i riflettori sulle tante situazioni di crisi, più o meno congiunturali, che da qualche mese sono tornate a costellare il Friuli Venezia Giulia.
Un campanello d’allarme che risuona nelle sedi del sindacato, letteralmente bombardate da nuove richieste di ammortizzatori sociali. Per lo più ordinari, ma di recente sempre più spesso anche straordinari.
Cigo, Cigs, contratti di solidarietà che a spanne interessano qualcosa come 10 mila persone in Fvg di cui due terzi occupate in Friuli, tra Udine e Pordenone, in particolare nelle imprese metalmeccaniche.
A far la conta mercoledì 11 dicembre, sull’onda del caso Safilo, è stato il segretario generale della Cgil regionale, Villiam Pezzetta, dopo che in mattinata erano stati i vertici di Fim Cisl Fvg a passare sotto la lente d’ingrandimento, una per una, le tante crisi che in provincia di Udine investono circa 5.000 tute blu.
A sentire entrambi siamo in una nuova fase di crisi. «Lo scontro Usa-Cina sui dazi, la frenata tedesca e la stagnazione del mercato interno sono la ragione di un rallentamento che le aziende, dopo aver utilizzato le ferie, si trovano a dover gestire ora ricorrendo agli ammortizzatori sociali – dichiara Pezzetta –. Il manifatturiero, lo sappiamo, è il motore dell’economia Fvg e la situazione non può che preoccuparci.
Anche perché – conclude il leader di Cgil guardando alla Regione – se in materia di politiche attive si è fatto molto, e di questo va reso merito all’assessore Rosolen, in campo di politiche industriali e sviluppo siamo all’anno zero».
La corsa agli ammortizzatori sociali va detto ha già il fiato corto. Colpa della riforma 2015 che ne ha complicato l’accesso, tagliato i tempi nonché le spettanze consegnando alle aziende un’arma spuntata.
«Il ventaglio degli ammortizzatori sociali è notevolmente diminuito rispetto al passato – denuncia il segretario di Fim Cisl Fvg, Pasquale Stasio, che a Udine ha fatto il punto sulle crisi aperte in provincia assieme ai colleghi Francesco Barbaro, Fabiano Venuti, Giuseppe Sedola e Alin Stan –. La gestione delle fasi di crisi è molto più complicata e rischia di mietere più disoccupati».
Per non intaccare il tesoretto di ammortizzatori sociali le aziende tendono a utilizzare la flessibilità mettendo i lavoratori in ferie forzate. Pratica che non piace al sindacato ma che molte realtà hanno adottato. Da Abs (Cargnacco) ad Automotive lighting (Tolmezzo), che nelle ultime settimane hanno infine attivato la Cassa integrazione ordinaria, rispettivamente per 7 e 2 settimane. Colossi – il primo occupa 1.200 persone, il secondo poco meno di 1.000 – che si portano dietro un importante indotto, a sua volta investito dal rallentamento.
Stando al “censimento” cislino sono infatti numerose le aziende che in questo periodo sono ricorse a strumenti di ammortizzazione. Impossibile ricordarle tutte, basti qualche esempio.
Dalla Stark di Trivignano Udinese, che occupa 100 persone, produce utensili per la lavorazione del legno ed ha attivato una Cigo che scadrà a fine gennaio, alla bujese Acciaierie venete che occupa 70 persone di cui una 15ina interessate dalla cassa ordinaria.
Restando in zona, ma passando al settore agroalimentare, c’è Principe, che a San Daniele ha chiesto l’attivazione della cassa integrazione straordinaria per gli oltre 100 dipendenti del prosciuttificio, mentre usano il contratto di solidarietà la Barazzutti di Verzegnis (31 dipendenti), che produce pezzi per impianti di condizionamento delle auto, la Ilmas di Sutrio (40 lavoratori) produttrice di fanali posteriori, la Luvata di Amaro e Pocenia (1.000 dipendenti), la Sirti di Basiliano (80 persone a libro paga), mentre ha scelto di optare per la cassa – dopo aver a sua volta tentato la strada della Solidarietà – la bujese Dm Elektron, che per i suoi 80 lavoratori ha appena chiesto l’attivazione dell’ammortizzatore straordinario. —
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