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Lo pneumologo: «Un errore ricoverare in ospedale gli anziani contagiati nelle case di riposo»

Il direttore di Pneumologia Patruno assicura: la sicurezza dei malati è garantita dai medici di grande livello che li seguono

Giacomina Pellizzari
2 minuti di lettura

UDINE. «Nelle case di riposo gli anziani affetti da Covid-19 vengono curati da medici internisti di grandissima esperienza allo stesso modo dei pazienti ricoverati negli ospedali».

Quelle del professor Vincenzo Patruno, il direttore della Pneumologia dell’Azienda sanitaria universitaria Santa Maria della Misericordia, sono parole rassicuranti rivolte soprattutto ai parenti delle persone che, in queste ore, stanno affrontando il nemico invisibile che colpisce soprattutto i nonni. Trieste, Mortegliano e ora Paluzza, i casi di contagio seguiti dai decessi continuano ad aumentare nelle Asp della regione diventate, sottolinea Patruno, «la casa di molte persone fragili: qualsiasi trasferimento rappresenterebbe un trauma anche in condizioni normali».



Il direttore della Pneumologia analizza la qualità delle cure a cui sono sottoposti gli ospiti che hanno contratto il coronavirus. «Lo spostamento non provocherebbe alcun valore aggiunto per i pazienti che vengono trattati con lo stesso profilo di cura ospedaliero».

Lo pneumologo si sofferma sulla situazione della casa di riposo di Paluzza, la più attuale in questo momento. Lo fa per dire che in quegli spazi «lavorano medici internisti di grandissima esperienza, specialisti in grado di bilanciare il profilo delle cure che, oltre all’erogazione dei flussi di aria e ossigeno, spesso richiede la somministrazione di dosi di Clorochina, usata per curare la malaria».

Purtroppo non c’è molto altro a disposizione in questo momento, tutti vorremmo che i medici potessero avere in mano un’arma per sconfiggere il virus. I professionisti di grandissima esperienza citati da Patruno sono Paolo Agostinis, il primario di Medicina dell’ospedale di Tolmezzo e l’ex direttore del Pronto soccorso del Santa Maria della Misericordia, Rodolfo Sbrojavacca,in pensione da circa un anno, che di fronte all’emergenza sanitaria ha deciso di mettersi al servizio della comunità in forma volontaria.

Gli anziani sono in buone mani lascia intendere lo pneumologo non senza evidenziare «che la capacità di mantenere queste persone nella loro casa, con un profilo di cura adeguato fatto da professionisti di grande valore, in grado di dare assistenza clinica, è un approccio razionale e convincente che permette a tutta la filiera di cura di funzionare bene».

Non solo è anche un approccio che assicura maggior sicurezza agli anziani. Questo equilibrio va mantenuto anche perché pensare di trasferire tutti gli anziani contagiati in ospedale potrebbe favorire la creazione di colli di bottiglia con il rischio di mettere in difficoltà tutti i percorsi.

«Portarli fuori dalle case di riposo per somministrargli compresse di Clorochina non avrebbe molto senso» continua il direttore di Pneumologia nel far notare che «anche tante infezioni ospedaliere sono altrettanto temibili, alla pari di quella provocata dal coronavirus».

E comunque, sottolinea Patruno, «è una scelta intrapresa anche sulla base delle esperienze maturate dalle regioni più colpite dal contagio». Lo pneumologo, lo stesso che gestisce il reparto di semintensiva all’ospedale di Udine, non ha dubbi: «La sicurezza del malato è garantita non dal posto dove si trovano ma dai professionisti che li seguono. È una scelta razionale e convincente giustificato dall’alto livello delle cure e dei professionisti». Ribadita questa valutazione, Patruno torna a sofferma sull’inappropriatezza degli spostamenti. Ovviamente se un paziente «dovesse aver bisogno di cure diverse, i medici non mancheranno di trovare un posto e di trasferirlo in ospedale. In quel caso non si fanno distinzioni d’età».

Anche Patruno ritiene che nelle case di riposo il virus può essere arrivato dall’esterno, forse attraverso i parenti negli ultimi giorni in cui le visite erano ancora ammesse. Nonostante ciò, il direttore di Pneumologia non entra nel merito dell’eventuale accoglienza, a fine turno, degli operatori in residenze protette per evitare altri contatti con l’esterno. In regione ne stanno parlando e le soluzioni non mancano.

Patruno preferisce tornare sugli aspetti clinici per ribadire che le scelte fatte nelle case di riposo sono convincenti e rispondono alle esigenze degli anziani. Lo afferma a ragion veduta perché, ripete più e più volte, «il lavoro che hanno fatto e continuano a fare i colleghi è un lavoro incredibilmente alto, sono loro a fare la differenza e per questo gli sono particolarmente grato». Patruno ci tiene a dire che la sua gratitudine va ai medici, agli infermieri, ai fisioterapisti e a tutti coloro che lavorano al fianco dei pazienti.

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