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La cura all'ozono sperimentata all'ospedale di Udine: su 36 solo uno è intubato

I risultati sono sotto gli occhi di tutti: l’équipe di Anestesia e rianimazione assieme a quella delle Malattie infettive dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale, guidate dall’anestesista Amato De Monte, e dall’infettivologo Carlo Tascini, attendono l’autorizzazione dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e dal Comitato etico dell’istituto Spallanzani di Roma per avviare lo studio prospettico, randomizzato e controllato

Giacomina Pellizzari
2 minuti di lettura

UDINE. Solo uno dei trentasei pazienti Covid-19 trattati con l’ozono è entrato in terapia intensiva ed è intubato. Tutti gli altri, nonostante avessero sviluppato la polmonite e difficoltà respiratorie gravi, hanno intrapreso il percorso inverso e, a breve, torneranno dalle loro famiglie.

CORONAVIRUS, I DATI

I risultati sono sotto gli occhi di tutti: l’équipe di Anestesia e rianimazione assieme a quella delle Malattie infettive dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale, guidate dall’anestesista Amato De Monte, e dall’infettivologo Carlo Tascini, attendono l’autorizzazione dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e dal Comitato etico dell’istituto Spallanzani di Roma per avviare lo studio prospettico, randomizzato e controllato. L’obiettivo è valutare l’efficacia del trattamento con l’ozono nei pazienti che hanno sviluppato l’infezione da coronavirus.

Lo studio clinico sarà effettuato con altri centri italiani che credono nella terapia messa a punto nel polo ospedaliero Santa Maria della Misericordia, dal direttore del Dipartimento dell’anestesia e rianimazione e dal professore di Infettivologia dell’ateneo friulano. Al fianco di De Monte e Tascini ci sono anche Mattia Buttazzoni, Cristiana Macor, Carola Martellon, Ermal Rica, Giovanni Sermann e lo staff del laboratorio di analisi interaziendale diretto dal professor Francesco Curcio.

È una squadra affiatata, impegnata da settimane in uno scambio di conoscenze che ha acceso un lumicino nel tunnel del coronavirus. Ha indicato una strada che potrebbe, il condizionale è d’obbligo, portare a una terapia che nel peggiore dei casi non dà risultati, non provoca effetti collaterali e non mette in discussione gli esiti della terapie utilizzate finora. Ma se, come è stato riscontrato nei 36 pazienti trattati, viene certificato che l’uso dell’ozono riduce notevolmente gli ingressi nei reparti di terapia intensiva, la svolta rischia di scrivere una pagina di storia nella lotta al virus che nessuno conosce.

A Udine, nei 36 pazienti sottoposti all’ozono terapia, la percentuale degli intubati è scesa dal 15 al 3 per cento. In sé la cura è semplice: «Preleviamo 200 ml di sangue che facciamo interagire per una decina di minuti con l’ozono per poi reiniettarlo nel paziente.

La procedura va ripetuta tre, quattro volte al massimo» spiegano De Monte e Tascini nel far notare che la terapia costa poco ed evita il passaggio nel reparto di terapia intensiva dove si verifica il maggior numero di decessi. In questi casi la prudenza non è mai troppa anche se i risultati ottenuti fanno ben sperare. «Lo studio clinico – aggiunge Tascini – ci consente di verificare se la terapia basata sull’infusione di ozono può ristabilire il sistema immunitario».

Lo studio clinico coinvolgerà 200 pazienti non appena l’autorizzazione arriverà da Roma: 100 saranno trattati con gli antivirali, l’altra metà con l’ozono e gli antivirali. L’obiettivo è capire se il trattamento evita l’aggravarsi dell’infezione, la procedura sarà estesa in altri centri nazionali interessati alla sperimentazione.

Inizialmente, spiega De Monte nell’autodefinirsi il “re dell’ozono” per l’esperienza ultra ventennale maturata nel settore, «abbiamo fatto un test nei pazienti già in terapia in tensiva, ma ci siamo resi conto subito che in quella fase è troppo tardi perché la lesione al polmone si è già formata. Se invece si agisce prima il polmone non arriva ad avere quei danni».

I 36 pazienti trattati, infatti, avevano bisogno di ossigeno e la nuova terapia ha evitato a 35 l’ingresso in terapia intensiva dove sarebbero stati intubati e avrebbero potuto restare in quella condizione anche per una ventina di giorni. Invece hanno smesso quasi subito l’ossigeno e ora sono in via di dimissione. Sono questi i risultati indicati al Comitato etico che dovrà decidere se autorizzare o meno lo studio clinico. «In questo momento trattiamo con l’ozono i pazienti più gravi» insiste De Monte soffermandosi sul fatto che la richiesta al Comitato etico e all’Aifa è stata trasmessa dal direttore generale dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale.

Ancora una volta, quindi, il polo ospedaliero di Udine si conferma un centro di eccellenza e l’integrazione tra ospedalieri e universitari sta dando i suoi risultati. La risposta è molta attesa anche perché, nell’ambiente scientifico e assistenziale, già si parla del trattamento con l’ozono effettuato a Udine, una terapia che a costi bassissimi salva la vita alle persone affette da coronavirus.

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