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Chi sono le vittime del coronavirus in Friuli, le storie e i volti dietro alle cifre del nostro territorio ferito

In questi due mesi e mezzo abbiamo provato a raccontare le storie di chi non ce l’ha fatta, strappato alla vita dal Covid-19. Abbiamo tradotto tutte quelle cifre fitte fitte che ogni giorno s’incolonnano nei bollettini della Protezione civile in volti, nomi, storie

3 minuti di lettura

Nuovi contagi, positivi, ricoverati, obbligati alla quarantena. E i decessi. L’indice R0, la curva che s’impenna e s’abbassa. Abbiamo imparato ad affrontarla così, quest’emergenza che ha preso a cazzotti tante comunità, provate dalla crisi più dirompente che l’Italia repubblicana abbia mai affrontato.

Dati, grafici, tabelle: che spaventano o fanno ben sperare, che vengono interpretati dai professionisti (come abbiamo cercato di fare noi in queste settimane, facendo parlare medici, ma anche esperti di statistica) o utilizzati a piacimento per suffragare tesi bislacche, con quel vago sapore di complotto, che hanno ahinoi trovato terreno fertile nei social network, popolati da troppi utenti che non hanno gli anticorpi basilari del discernimento.

Ma non può, non deve bastare. I numeri fotografano il fenomeno, servono a orientare l’azione dei decisori. Dietro all’aridità delle cifre allineate in una tabella, però, c’è tanto di più: c’è il dolore di una famiglia che saluta improvvisamente un proprio caro (o che, supplizio ingiusto e aggiuntivo, non possono neppure farlo: i funerali sono stati sospesi per settimane), esistenze portate via da un virus di cui conosciamo ancora oggi poco, storie fatte di dignità e sofferenza, di affetti e di lavoro faticoso, di emigrazione forzata o di strenuo presidio dei piccoli paesi della Carnia.

In questi due mesi e mezzo abbiamo provato a raccontare le storie di chi non ce l’ha fatta, strappato alla vita dal Covid-19. Abbiamo tradotto tutte quelle cifre fitte fitte che ogni giorno s’incolonnano nei bollettini della Protezione civile in volti, nomi, storie.

Abbiamo fatto parlare amici, conoscenti e parenti, per raccontare la vita più che la morte. Sono - e perdonate il rapido passaggio nell’arida pianura dei numeri - 73 le croci in provincia di Udine, 67 quelle della provincia di Pordenone. Abbiamo pubblicato i volti e i nomi di chi è scomparso, dei “nostri” morti. In gergo giornalistico le chiamiamo “testine”: sono i primi piani delle persone di cui racconta il servizio.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Abbiamo il dovere di ricordare la generazione che ci ha traghettato verso il benessere, ma che conserva nella carne il ricordo della miseria]]

Dall’archivio ad esempio spunta il viso elegante di Maria Panfili, di Precenicco: aveva 93 anni, era stata modella in gioventù (e aveva calcato pure le passerelle della Milano da bere) e nel paese della Bassa Friulana era particolarmente conosciuta. In bianco e nero è la foto di Agata Della Negra, 103 anni, gli ultimi dei quali trascorsi nella casa di riposo Rovere Bianchi di Mortegliano, uno degli epicentri della malattia in Friuli: tra le mura della struttura di accoglienza sono morti diciotto anziani.

Da Paluzza a Castions di Zoppola, da Tolmezzo a Lovaria, le case di riposo si sono rivelate il fronte più sensibile della guerra contro il virus. Che ha bucato le barriere che gli operatori, in prima linea nelle battaglie più dure, hanno provato a erigere per respingere il nemico, così sfuggente e subdolo.

A Paluzza la fase più critica è arrivata in ritardo, rispetto alle altre strutture. La catena dei contagi ha portato via la notte di Pasqua Elvira Di Vora, 92 anni, emigrata in Germania e poi in Svizzera, prima di tornare nella “sua” Cercivento, in quella casa nel bosco condivisa fino all’inizio degli anni Novanta con l’amato marito Giacomo. Lontano dal Friuli è morto Ezio Urbica, 79 anni, colonnello degli alpini in quiescenza e maestro di sci, spirato il 24 marzo all’ospedale di Aosta dov’era in cura in Terapia intensiva dopo che era stato contagiato. Solo 24 ore prima era morte la sua amata moglie Liliana Magri, ragioniera di 77 anni, che pure è stata stroncata Covid 19.

A Bergamo, nella città diventata simbolo della violenza del coronavirus, è perito Franco Veritti, 87 anni, originario di Tolmezzo, presidente onorario e colonna portante da decenni del Fogolâr Furlan della città orobica. Il coronavirus si è portato via anche il “gigante buono” della pallacanestro, Santo Rossi, originario di Villacaccia di Lestizza e residente a Pesaro da diversi decenni: è morto a fine marzo nell’ospedale di Senigallia.

Pordenone ha pianto la scomparsa di Franco Toffolo, ex consigliere comunale e storico presidente dell’associazione San Valentino: 73 anni, era stato dipendente del Cotonificio veneziano e poi tecnico dell’Enel, fino alla pensione. Residente a Torre, è stato anima e animatore del quartiere sia come consigliere e presidente della circoscrizione, sia come fondatore, tra le altre, dell’associazione Il Castello.

Tra le vittime più giovani c’è Paola Agostinelli, 62 anni, udinese doc, apprezzatissima docente di chimica all’istituto Malignani, morta giovedì mattina, 30 aprile, all’ospedale, a causa di alcune complicazioni causate dal coronavirus.

Nonni, zii, papà e mamme, mogli e mariti. Amici e conoscenti: volti, nomi e storie. Che per questo vanno ricordati, al di là di ogni statistica.

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