Cjanal, cento volti dietro la mascherina: gioia, ansia e paura raccontano come abbiamo vissuto i mesi del lockdown
L’idea di Isacco Tosoni, fotografo freelance nato e cresciuto a San Francesco di Vito d’Asio: durante il periodo di quarantena, ha maturato e poi messo in pratica l’idea di documentare dentro uno scatto le emozioni nascoste dei propri compaesani in un periodo storico in cui un nemico invisibile ci ha resi un po’ tutti uguali e privi di libertà

SPILIMBERGO. La mascherina rappresenta uno dei simboli di questo periodo ed è ormai un accessorio quotidiano. Associata da sempre a impieghi ospedalieri, dallo scorso marzo è diventata dispositivo di sicurezza personale. Chirurgica, in tessuto, lavabile, riutilizzabile, Ffp2, Ffp3. Disponibile in ogni forma e misura, farà parte dei nostri outfit per molto tempo.
Tutti da mesi abbiamo avuto modo di sperimentare i fastidi che provoca e cerchiamo di adattarci e familiarizzare con questo dispositivo, per esempio curandone l’estetica in modo da renderlo più affine ai gusti personali. In questo clima, è nata l’idea di Isacco Tosoni, fotografo freelance nato e cresciuto a San Francesco di Vito d’Asio, già noto per essere uno dei fondatori del circolo fotografico e filmico Las Lusignes della Val d’Arzino, che, in pieno lockdown, ha maturato e poi messo in pratica l’idea di documentare dentro uno scatto le emozioni nascoste dei propri compaesani in un periodo storico in cui un nemico invisibile ci ha resi un po’ tutti uguali e privi di libertà.
Cjanal, cento volti dietro la mascherina: gioia, ansia e paura in lockdown
«Immaginatevi un piccolo paese della Pedemontana pordenonese al confine con la Carnia, un lockdown che congela tutto, un piccolo negozio di alimentari come unico punto d’incontro per tutti gli abitanti dell’Alta Val d’Arzino. Immaginatevi le ansie, le paure, le speranze degli abitanti, immaginatevi le quattro parole che ci si poteva scambiare nell’attesa del proprio “pane quotidiano” e immaginatevi pure le care vecchie teorie complottistiche che ne venivano fuori. E infine immaginate me, che fra un scontrino e l’altro li mettevo “in posa” e in fretta e furia scattavo», spiega Tosoni.
Questo è il fil rouge di “Cjanal”, il progetto fotografico realizzato dal giovane artista asìno che ha documentato le sensazioni e le emozioni dei propri compaesani da dietro la propria macchina digitale. Un periodo critico che ai compaesani più adulti ha ricordato gli anni dolorosi del terremoto del 1976 quando Vito d’Asio e la Val d’Arzino pagarono il proprio contributo di sangue all’Orcolat, «anche se – conclude Tosoni – il pensiero comune di tutti coloro che hanno vissuto sia la tragedia del terremoto del ’76 sia l’emergenza Covid-19 è stato che almeno le macerie durante il terremoto le vedevi e ricostruivi e la sera poi si stava tutti assieme. Ora il nemico è invisibile e ci tiene tutti lontani».
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