Ecco chi è l'ufficiale friulano che ha denunciato i carabinieri arrestati a Piacenza
Secondo il Gip, il maggiore Rocco Papaleo, nato a Udine e cresciuto a Cividale, ha dato il via all’indagine

Il suo nome compare in molti degli articoli riguardanti l’operazione “Odysséus”, l’inchiesta della Procura di Piacenza che nei giorni scorsi ha portato al sequestro della caserma della stazione carabinieri di Piacenza Levante e all’emissione di misure di custodia cautelare, anche in carcere, nei confronti di carabinieri che saranno chiamati a rispondere, a vario titolo, di ipotesi di reato che vanno dall’arresto illegale alla tortura, dallo spaccio di droga al falso, dalle lesioni alla truffa. Lui è il maggiore dei carabinieri Rocco Papaleo, friulano.
A dispetto del nome, che rimanda alle origini lucane del padre, è infatti nato a Udine e cresciuto a Cividale.
Secondo quanto spiegato dagli inquirenti (gli accertamenti sono stati coordinati dal procuratore capo di Piacenza Grazia Pradella e dal pm Matteo Centini ed effettuati dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria delle Fiamme gialle di Piacenza), Papaleo avrebbe dato il via alle indagini.
L’ufficiale dell’Arma, attualmente comandante della compagnia Carabinieri di Cremona, in passato era stato in servizio a Piacenza. Ecco cosa scrive il Gip di Piacenza nell’ordinanza di custodia cautelare, come riportato ieri dall’Ansa: «Le attività d’indagine – si legge – hanno preso il via in seguito alla segnalazione di un ufficiale dell’Arma che aveva prestato servizio per molti anni a Piacenza, il maggiore Rocco Papaleo».
Convocato in procura per un’altra inchiesta, l’ufficiale ha infatti raccontato di aver ricevuto da un cittadino marocchino una serie di messaggi nei quali lo stesso straniero affermava di essere un informatore dei carabinieri e di conoscere l’appuntato Giuseppe Montella, uno degli arrestati. Quest’ultimo, assieme ai colleghi Falanga e Cappellano (anche loro destinatari dell’ordinanza), scrive il gip riportando il racconto del marocchino, «era solito ricompensare le notizie ricevute attraverso la cessione di stupefacente, che era custodito in un contenitore all’interno della caserma di Piacenza chiamato “scatola della terapia”».
Quando le risposte dell’informatore non erano però esaustive, i tre carabinieri «avevano l’abitudine di esercitare pressioni su di loro e minacciarli, il tutto con la complicità del comandante delle stazione, il maresciallo Orlando». Sempre secondo il racconto del marocchino riportato dal Gip, i carabinieri «tenevano comportamenti sopra le righe, come organizzare festini a base di stupefacente ai quali partecipavano diverse prostitute tra le quali un transessuale».
Al termine della deposizione, il maggiore Papaleo ha detto agli inquirenti di non aver mai riferito nulla di quanto appreso ai carabinieri di Piacenza poiché «non si fidava degli attuali dirigenti». Ad insospettirle Papaleo, infatti, era stato il tenore di vita di Montella «ben al di sopra di quanto ordinariamente possibile per un militare dell’Arma del suo grado».
Il maggiore Rocco Papaleo, raggiunto telefonicamente, ha preferito non commentare in alcun modo la vicenda.
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