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L'epidemiologo Barbone: «Sono preoccupato, basta poco per far partire la terza ondata»

2 minuti di lettura

UDINE. «Anche se gli indicatori migliorano basta poco per far ripartire l’indice di contagio Rt, sono molto preoccupato». Il professor, Fabio Barbone, epidemiologo, a capo della task force regionale che si occupa del coronavirus e docente di Igiene e sanità all’università di Udine, teme di veder svanire gli sforzi fatti nelle ultime due settimane per arginare il contagio da Sars-Cov2, sotto il peso dello shopping e dei pranzi natalizi.

Professore perché è così allarmato?

«Perché rischiamo di trovarci in una situazione pericolosa a ridosso dell’avvio della campagna di vaccinazione».

Anche se l’indice Rt continua a scendere?

«L’indice Rt è sceso dallo 0,97 allo 0,7 ma in tanti comuni l’incidenza del contagio è ancora alta e appena adesso vediamo la discesa dei ricoveri nell’area medica e in terapia intensiva. Basta poco per far ripartire il contagio».



Il monitoraggio dell’Iss arriva al 13 dicembre, i dati dei giorni successivi cosa ci dicono?

«Dal punto di vista dei contagi e dei decessi, i primi tre giorni della settimana non sono andati bene».

Anche per gli operatori sanitari visto che l’unico dato in crescita è quello dei tamponi positivi negli ospedali?

«Questo dato è cresciuto di pochissimo, è un dato trascurabile».



E il fatto di avere focolai non noti cosa significa?

«Significa che non è stato stabilito il collegamento tra le persone. Sono i focolai più pericolosi perché non sapendo da dove derivano non si trova la fonte del contagio. Anche questo dato scende come i focolai attivi e i nuovi focolai registrati nella settimana».

Nelle case di riposo si sono verificati nuovi focolai?

«Si ci sono nuovi focolai».



Se l’incidenza del contagio per 100 mila abitanti a 7 e 14 giorni supera ancora la media nazionale dobbiamo preoccuparci?

«Nelle ultime tre settimane l’indice del contagio si è mantenuta sopra la media nazionale. A prescindere dalla definizione del colore della zona in cui ci troviamo, la situazione è particolarmente pericolosa: il virus circola moltissimo basti pensare che ogni giorno registriamo 600, 700 nuovi casi, sono numeri molto importanti».

Sta dicendo che le restrizioni natalizie sono doverose?

«Credo sia meglio trascorrere il Natale da soli ma sani piuttosto di avere contatti che possono favorire il diffondersi del virus. I dati sulla mortalità sono alti come pure la pressione negli ospedali».



La pressione negli ospedali deve preoccupare anche i pazienti no Covid?

«Certamente, gli altri disturbi non possono essere ignorati. Se un anziano frattura il femore, nella situazione attuale, il ricovero in ospedale non è facile. Per non parlare delle persone che aspettano di sottoporsi a interventi chirurgici o oncologici. Molto reparti sono dedicati al Covid, una parte del personale è stato infettato e, quindi, tutti gli ospedali sono sotto pressione».

Qual è il consiglio?

«Bisogna assolutamente evitare i contatti, a Natale non possiamo ritrovarci con persone non conviventi. Lo ribadisco: il virus è tra di noi, ci sono persone che stanno molto male, alcune ci lasciano anche se fino al giorno prima erano operative. Dobbiamo continuare a mantenere il distanziamento sociale, a indossare la mascherina, a lavarci spesso le mani e a rispettare le restrizioni».



Se dopo Natale il contagio riprenderà a salire la campagna di vaccinazione contro il Covid ne risentirà?

«Può diventare un problema perché le persone malate non si possono vaccinare, vanno creati dei punti di vaccinazione in sicurezza sia per la logistica, sia per non contribuire a diffondere il coronavirus. Può essere un grosso danno avere tanti casi positivi nel periodo in cui parte la vaccinazione, dovremo arrivare a questo punto con un minimo di diffusione dell’infezione. Molto dipenderà da come ci comporteremo a Natale. Ci rendiamo conto che togliere gli affetti alle persone è difficile, ma in questo caso è necessario». —


 

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