Madre e figlia morte a 24 ore di distanza per il Covid
Eufemia Carli aveva 81 anni, Maddalena Naibo 60. Erano in quarantena a casa, le loro condizioni poi si sono aggravate

SACILE. Una famiglia distrutta a Sacile dal Covid-19: ha strappato alla vita Eufemia Carli Naibo di 81 anni e la figlia sessantenne Maddalena Naibo Bravin. Eufemia è mancata il 27 dicembre all’ospedale a Pordenone, dove era stata ricoverata alcuni giorni prima di Natale con la figlia Maddalena, che è spirata ieri. È rimasto solo Natalino Borin, marito di Maddalena, nella casa vuota e ormai troppo grande in via Ungaresca a San Odorico, dove la comunità partecipa al suo dolore straziante.
«Il dolore è condiviso da tutta la nostra comunità – dice don Piero Ivan –. Il rito funebre per Eufemia e Maddalena sarà celebrato giovedì 31 dicembre alle 15 nella chiesa a San Odorico dove questa sera, alle 19, reciteremo il Rosario».
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Il dramma si è abbattuto in pochi giorni sulla famiglia Naibo-Bravin: le due donne erano in quarantena fiduciaria a casa, quando improvvisamente si sono aggravate le loro condizioni e il ricovero di entrambe è stato urgente nel nosocomio a Pordenone. «Rimane Natalino a fare i conti con un dolore straziante – dice Anna Spagnol, vicina di casa –. Restano per tutti noi i ricordi e siamo vicini con il cuore all’ex falegname in pensione che ha perso, in una decina di giorni, la sua famiglia». Ha perso la suocera e poi la moglie e il Covid-19 gli ha stravolto la vita.
«Natalino è negativo al tampone Covid-19 per fortuna – dicono i vicini di casa in via Ungaresca, dove tutti si conoscono –. Eufemia e Maddalena erano legatissime: sempre insieme e si vedevano a pregare al cimitero, unite, il padre e il fratello morti. Eufemia si era trasferita dal centro di Sacile in via Ungaresca dopo la morte del figlio, una decina di anni fa».
Il Covid-19 è un virus silenzioso che, all’improvviso contagia e strappa gli affetti famigliari più cari. «Con la famiglia Naibo-Borin il coronavirus è stato crudele e si è accanito – aggiunge Anna Spagnol –. La settimana prima di Natale il silenzio dei campi in via Ungaresca è stato lacerato all’improvviso dalle sirene dell’ambulanza e del mezzo dei vigili del fuoco: hanno trasferito nel reparto Covid-19 all’ospedale di Pordenone prima la mamma Eufemia e poi la figlia Maddalena. Sono stati giorni di speranza, quelli vissuti fino a Santo Stefano e fino alla notizia dei decessi, uno dopo l’altro».
Il Covid-19 non è stato sconfitto e nella casa di famiglia in via Ungaresca, dove le ore e giorni sono segnati dal dolore. A San Odorico alcuni amici delle due donne hanno ricostruito la filiera di contagio: pare che i primi sintomi del Coronavirus siano comparsi dopo la visita a una parente a Camolli, che è risultata positiva al tampone. «Eufemia, Maddalena e Natalino erano una famiglia esemplare e riservata – raccontano i vicini in via Ungaresca –. Disponibili a dare una mano, educati e sempre insieme: Maddalena aveva aiutato per anni il padre in un allevamento di pollame, fino alla pensione e il marito Natalino era stato un piccolo artigiano del legno». Il Covid-19 ha cambiato i loro destini. «Siamo vicini – Lucio Ceolin è volontario in parrocchia – a Natalino.
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