TRIESTE. Dieci anni, tra inchiesta e processo. Dieci anni «in cui il mio fegato si è distrutto, non so quali altri termini usare». E «finalmente oggi si è chiusa questa storia che mi ha tenuto sulla corda in attesa delle decisioni di altri. Oggi è stata fatta giustizia».
Il 22 febbraio se lo ricorderanno come la data della liberazione, i 34 presunti assenteisti della Soprintendenza. Il tribunale li ha assolti tutti. È il giorno in cui, dopo le chiamate a colleghi, amici e parenti, si ricomincia innanzitutto a «ridare un senso alla propria autostima».
L’inizio è stato difficile. «Ero molto nervoso, sentivo forte il rifiuto nei confronti del lavoro, poi mi sono acquietato». «Ciò che mi dispiace – prosegue uno dei due ex imputati – è che è stata sprecata tanta energia per questo processo, quando ci sono cose più grosse che non vengono risolte. Dieci anni: sono convinto che il nostro processo sia andato spesso in coda ad altre cose che avevano prelazione. Poi cambi, pensionamenti, sostituzioni hanno portato spesso a una rilettura da capo di tutto il problema».
«La situazione, comunque – dice uno dei due professionisti – è stata molto dura: io uscivo per lavoro e tutti quelli che mi conoscevano lo sapevano. Per lavori e per urgenza, come succede ora, da libero professionista. All’epoca, per me era abbastanza normale essere sempre di corsa o magari uscire un attimo sotto l’ufficio per firmare una carta. Sono stato anche filmato in un’occasione del genere. Fortunatamente avevo memorie e resoconti e ho potuto ricostruire anche questi piccoli fatti. Insomma, sono stato punito perché lavoravo troppo, io che ero stato anche individuato tra i venti migliori professionisti nel mio ambito dei Beni culturali».
Ed eccoci al 22 febbraio 2021. «Se mi aspetto delle scuse? No, chi mi seguiva sapeva benissimo dove andavo e io ormai ho superato il trauma, l’ho digerito lentamente in dieci anni - afferma uno dei due -. A partire da quando ho iniziato a preparare le carte, accanto al mio avvocato Andrea Frassini. Anche se sono caduto dalle nuvole cinque anni fa, quando è arrivato il rinvio a giudizio». In questa esperienza negativa comunque c'è qualcosa di positivo: «La conoscenza proficua, da un punto di vista intellettuale, di alcune persone della magistratura»