In fila per riprendersi la libertà «Manca l’abbraccio dei nipoti»
In mille, della fascia 75-79, hanno ricevuto la prima dose di AstraZeneca
Maura Delle Case Cividale
«Vaccinarsi? È un dovere» dice Rosalba Minold, 75enne di Villanova dello Judrio, mentre attende il suo turno per passare al triage, superare l’accettazione e accomodarsi alla postazione per ricevere finalmente l’attesa dose di vaccino. La stessa serietà, lo stesso senso del dovere misto a una generale sensazione di gratitudine, si ritrova in tutti quelli che ieri, come lei, hanno varcato la porta del palazzetto dello sport di Cividale per ricevere la prima dose del vaccino AstraZeneca. Mille persone tra i 75 e i 79 anni, di quella generazione del secondo dopoguerra e del boom economico, che ha dato gambe alla ricostruzione del Friuli terremotato e che oggi si trova a fare i conti con un altro schiaffo della Storia. Il conto? Salatissimo. «È stato un anno duro. Io ho nipoti e non li ho potuti vedere. Cosa mi manca? Abbracciarli» confessa, con voce rotta, Roberto De Marco, 78 anni di Tricesimo, il primo ieri mattina ad esser vaccinato al palazzetto, una macchina perfettamente oliata grazie allo sforzo organizzativo di Asufc e del distretto di prevenzione, con 60 sanitari schierati e numerosi volontari di Cri e Protezione civile, fondamentali nel gestire i flussi di gente. «Organizzazione strepitosa, sono tutti molto gentili» riconosce Giuliana Maran, 76enne di Pagnacco, aspettando che il marito la raggiunga. Non tutti arrivano accompagnati, alcuni la vaccinazione vengono a farsela da soli, magari dopo aver macinato decine di chilometri, decisi a riprendersi la libertà che il Covid ha negato loro. «La libertà di passare oltre il confine, di andare a caccia in Slovenia dove ho la riserva e gli amici» afferma Antonio Codromaz, 78enne di Prepotto: «Mi piace girare intorno alla frazione dove vivo con mia moglie e dove ormai siamo gli ultimi residenti».
Nel frattempo arriva a sedersi di fianco alla moglie Vanni Gobessi, 78 anni di Pagnacco, una vita di matrimonio alle spalle. «Quanti anni sono Giuly?» chiede sorridente. A Pasqua entrambi avrebbero voluto passare la giornata con figli e nipoti, invece dovranno accontentarsi di comporre un album virtuale. «Ci manderemo le foto, ma non sarà la stessa cosa». Anche Silvio Floreancig, 76 anni di Stregna, non vede l’ora di riappropriarsi di un po’ di normalità. Intanto invita tutti a vaccinarsi, «perché bisogna avere fiducia». «Speriamo il vaccino funzioni. O sin stufs» rilancia in marilenghe Ermes Medeot, 78 anni di Tapogliano: «Ho voglia di andare a bermi un bicchiere, di stare con gli amici». Desiderio di molti, a dimostrazione che il prezzo più caro della pandemia è stato quello pagato in termini di mancata socialità. «Fatta la vaccinazione, aspetto di poter rivedere gli amici» conferma Claudio Moricchi, 78 anni di Cividale. «Io non vedo l’ora di uscire, di tornare a messa, ma anche di fare qualche giro per negozi» confessa Carmen Ninin, 76 anni di Premariacco, che un pensiero lo rivolge al parroco don Pietro Moratto, scomparso nei giorni scorsi, positivo al Covid. Rita Dominissini, 77enne di Cividale, attende di rivedere il marito: «È stato operato ed è in ospedale dove io non sono mai potuta andare a trovarlo. Aspetto con ansia che torni a casa». —
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