Politica, gratitudine ed elezioni
Riflessioni in vista del voto dopo lo sfogo del sindaco di Udine Fontanini
Paolo Mosanghini
Lo sfogo più umano che politico del sindaco Fontanini («Udine è una città un po’ difficile, in alcuni momenti anche ingrata. Non so se mi ricandido») riavvia la discussione su che cosa accadrà nel centrodestra la prossima primavera nel capoluogo friulano.
Se questo è il risultato politico delle esternazioni del sindaco, c’è da fare una considerazione sulla classe dirigente: sempre meno persone mettono la faccia e si avventurano in politica. Non è una questione di gratitudine.
Gli impegni, le responsabilità e le critiche sicuramente non mancano, sono inclusi nell’incarico e chi sceglie di esporsi deve metterli in conto.
È l’ingratitudine dei numeri primi, verso chi fa scelte che non tutti condividono.
Ci sono esempi illustri. Vogliamo ricordare come l’ex premier Draghi sia stato prima pregato di salire a palazzo Chigi e poi invitato a uscirne?
La gratitudine in politica non si misura con gli attacchi delle minoranze che, in democrazia, amplificano ciò che secondo loro non va. Si conta con i risultati delle urne. Per fortuna, le opposizioni ci sono: le società democratiche si nutrono di trasparenza e confronto, di attenzione e rispetto.
Dove c’è trasparenza ci sono riconoscimento del merito, concorrenza e crescita. Nell’opacità si regredisce.
L’opinione pubblica, architrave di una democrazia avanzata, è composta da cittadini con spirito critico non da sudditi che se le bevono tutte. E le opinioni vanno rispettate, anche quelle non gradite.
Segnali di stanchezza dopo aver governato e alla partenza di una nuova campagna elettorale sono comprensibili, ma non giustificano il dito puntato.
Il potere – diceva un politico navigato – logora chi non ce l’ha. Talvolta anche chi ce l’ha.
I commenti dei lettori