Gli insegnanti friulani: no agli stipendi diversi per regioni
Respinta la proposta del ministro su retribuzioni differenziate. Sindacati e dirigenti: “I contratti collettivi nazionali non si toccano”
Giacomina Pellizzari
Dal Friuli Venezia Giulia si solleva un coro di no alla differenziazione degli stipendi degli insegnanti. Se si decide di adeguare gli stipendi al costo della vita, questo va fatto per tutti i lavoratori non solo per gli insegnanti. E comunque i contratti collettivi di lavoro non si toccano.
Questa, in sintesi, con qualche diversità di vedute tra le sigle, la posizione dei sindacati e dei dirigenti scolastici.
Nella nostra regione, molti insegnanti temono questa eventualità anche se, ieri, il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha corretto il tiro dicendo: «Non è mai stato messo in discussione il contratto nazionale degli insegnanti, ho solo riportato una problematica sollevata da alcune regioni riguardo il differente costo della vita nelle diverse città italiane». Il ministro si riserva di affrontare la questione con i rappresentanti sindacali e delle Regioni.
A monte resta la preoccupazione per l’eventuale ingresso dei privati nella scuola pubblica. Il caso Tutto è iniziato con la dichiarazione del ministro secondo il quale «la scuola pubblica ha bisogno di nuove forme di finanziamento, anche per coprire gli stipendi dei professori che potrebbero subire una differenziazione regionale. E per trovarle, si potrebbe aprire ai finanziamenti privati».
Detto che, mediamente, lo stipendio di un insegnante non supera i 1.300 euro al mese e che con questa cifra, in diverse città, diventa difficile riuscire a pagare l’affitto di un alloggio e arrivare a fine mese, va sottolineato che nelle stesse condizioni degli insegnanti si trovano gli operai e molti altri lavoratori.
I sindacati «Cosa vuol dire costo medio della vita?» si chiede il neo segretario regionale della Flc-Cgil, Massimo Gargiulo, nel far notare che «a Trieste il costo della vita è diverso da quello di Udine o di Taipana». Gargiulo conferma la contrarietà del sindacato dettata dal segretario nazionale, Maurizio Landini, che rievocando le «gabbie salariali» ha definito «follia» l’eventuale ritorno al passato.
Gargiulo, infatti, invita il ministro a «mantenere gli impegni assunti durante la sottoscrizione dell’accordo economico, ovvero a finanziare e chiudere la partita del rinnovo contrattuale di questo triennio». Altrettanto deciso il «no» di Gargiulo ai «finanziamenti privati del sistema dell’istruzione» anche se è noto che soprattutto gli istituti tecnici già ricevono finanziamenti privati. Ma Gargiulo insiste: «La scuola non deve fare da juke box del privato».
Dello stesso avviso la Uil che non esita a chiedere chiarimenti al ministro. «Se il ministro vuole sostenere la scuola statale nazionale e il lavoro che docenti, personale Ata e dirigenti svolgono per farla funzionare al meglio, investa risorse statali per sostenere le spese strutturali e correnti, rinnovi i contratti per tempo, utilizzi le risorse europee ed escluda la scuola dai vincoli di bilancio per riconoscere a tutto il personale stipendi dignitosi, da nord a sud» afferma il segretario regionale della Uil, Ugo Previti, secondo il quale «l’idea di destinare capitali privati all’istruzione pubblica è un’idea che ciclicamente viene fuori. Nessuna contrarietà se risorse private giungessero a sostegno della scuola statale nazionale».
Diversa la posizione della Cisl:«La retribuzione del personale della scuola è materia di contratto nazionale, e quindi un insegnante deve avere la retribuzione adeguata in qualunque realtà territoriale lavori» spiega la segretaria regionale della Cisl-scuola, Antonella Piccolo, dopo di che, aggiunge, «possiamo immaginare interventi, che possono chiamarsi welfare contrattuale, a sostegno, a esempio, della tenuta del caro vita.
Ma questo – ha precisato – è a corredo e andrebbe discusso e valutato per tutto il territorio nazionale». I dirigenti E se l’Associazione nazionale presidi (Ansp) punta tutto sul diritto alla carriera dei docenti, il rappresentante nazionale dell’associazione dirigenti scolastici (Andirs), Stefano Stefanel, ritiene che la questione sia stata posta non in maniera costruttiva. Stefanel ribadisce che trattandosi di una questione contrattuale, la trattativa va affrontata nelle sedi dovute.
E aggiunge: «Che chi siano realtà dove il costo della vita è più alto è un fatto che non tocca solo la scuola, bensì la società civile. I divari territoriali riguardano la società.
E alla domanda se la differenziazione degli stipendi si sposta con il progetto di regionalizzazione della scuola, Stefanel risponde: «Solo se viene regionalizzato anche l’organico, i docenti, altrimenti no». Il progetto presentato dalla Regione prevede la regionalizzazione dell’Ufficio scolastico regionale.
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