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Lo studio

Troppa gente sulle Dolomiti, animali sempre più notturni

La ricerca condotta da Muse e Università di Firenze evidenzia il cambio di abitudini

2 minuti di lettura

Animali sempre più notturni, perché di giorno l’uomo-turista li disturba. È il caso delle volpi, dei lupi, dei cinghiali, degli stessi cervi. «D’inverno, poi, il problema si moltiplica – spiega Franco De Bon, consigliere delegato alla caccia della Provincia di Belluno – perché tante specie sono in letargo. Ecco perché invitiamo i Comuni a destinare specifiche aree al fuoripista, allo scialpinismo, alle escursioni con le ciaspe e le racchette, in modo da evitare l’assalto disordinato ed impattante alle quote più alte e preservare i siti di svernamento dei camosci, dei galli forcello e di altre specie».

Uno studio del Muse, Museo delle Scienze di Trento condotto con l’Università di Firenze, rivela gli effetti di lungo periodo sulla fauna selvatica della frequentazione escursionistica negli ambienti montani. Lo studio ha utilizzato 60 fototrappole in modo sistematico – ogni estate – a partire dal 2015 in un’area delle Dolomiti del Trentino occidentale altamente frequentata da escursionisti, al fine di rilevare i passaggi di animali e persone e monitorare la fauna per studiarne le possibili risposte.

«I risultati delle analisi – spiega Marco Salvatori, dottorando dell’Università di Firenze in collaborazione con il Muse e primo autore dello studio – ci mostrano che delle oltre 500 mila foto raccolte in 7 anni di ricerca (dal 2015 al 2022) il 70% ritrae persone e il tasso di passaggio umano di fronte alle fototrappole è stato 7 volte superiore a quello della specie selvatica più comune nell’area, la volpe, e addirittura 70 volte superiore a quello dell’orso, la specie che è risultata più raramente fotografata. Il passaggio delle persone inoltre non differisce fra le foto-trappole presenti all’interno del Parco Naturale Adamello-Brenta e quelle poste al di fuori, dimostrando, come prevedibile, una potenziale pressione anche all’interno dell’area protetta».

Tutte le otto specie considerate (orso, cervo, camoscio, capriolo, tasso, volpe, lepre e faina) hanno rivelato una chiara risposta comportamentale al disturbo provocato dal passaggio delle persone: nelle zone più frequentate diventano più notturne per diminuire la probabilità di incontrare persone, e concentrano le loro attività di notte anche quando si trovano più vicino ai centri abitati. Non solo, le specie di maggiori dimensioni, come l’orso, il cervo e il camoscio, esibiscono anche una chiara tendenza ad evitare di frequentare le zone in cui il passaggio umano è più intenso.

«Ci sono animali che per loro natura sono notturni, come il gufo reale, o diurni, come l’aquila, ma altri si adattano al giorno e alla notte in relazione alla pressione di altri animali o dell’uomo – spiega De Bon –. Il lupo ha capito che è meglio star lontano dagli ambienti frequentati, per cui si fa vedere solo di notte. Il cinghiale pure. Ma anche la volpe e perfino il capriolo ed il cervo cercano di evitare le ore ed i luoghi di maggiore frequentazione degli esseri umani».

E che cosa fanno, pertanto, di giorno? «Se ne stanno nascosti in bosco, magari protetti sotto gli schianti di Vaia, che da oltre quattro anni rappresentano un habitat ideale».

Ma proprio in queste settimane si pone un problema nuovo per chi si prende cura della tutela della fauna. «Da dicembre è sospesa la caccia al camoscio, perché sta svernando sulle pareti meridionali e sarebbe fin troppo facile puntarlo. Sarebbe aperta, invece, la caccia al cervo, però di fatto è stata interrotta per non disturbare il camoscio. Ma che cosa succede? Che gli scialpinisti, gli appassionati del fuoripista, i ciaspolatori – constata, preoccupato De Bon – si spingono fino alle quote più alte, dilagando dappertutto. Ecco, occorrerebbe che per evitare che questa gran massa di persone vada a disturbare questi animali, i Cmuni o le Comunità montane predisponessero delle aree apposite di frequentazione».

Tra le specie sottoposte a maggiore disturbo c’è il gallo forcello che solitamente, per ripararsi dal gran freddo, si scava delle buche nella neve. «È ovvio che il ciaspolatore o lo scialpinista di passaggio è una presenza di troppo, che stressa l’animale».

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