Il mistero di una giovane scomparsa nel giallo di Martina D’Adamo
fabiana dallavalle
È ambientato sulle montagne dell’Alto Friuli, il romanzo d’esordio di Martina D’Adamo, triestina, laurea in Lingue e letterature straniere, master in comunicazione all’università di Udine. Già autrice di numerosi racconti, al suo attivo ha la pubblicazione di “Pillole di buon umore per neo mamme”, «un compendio ironico e disincantato dei luoghi comuni in cui una mamma si imbatte durante la frequenza scolastica dei propri figli. Una serie di piccoli racconti da leggere soprattutto nei primi mesi, quando – spiega l’autrice – le mamme hanno pochissimo tempo per sé e per la lettura.
La civetta e il lupo è il mio primo giallo». Il racconto, ambientato in una piccola comunità a ridosso del confine fra Austria, Italia e Slovenia, terre a cui l’autrice è legata da un affetto e dalla frequentazione per oltre vent’anni, ha come protagonista Sofia, giovane donna dall’esistenza apparentemente tranquilla. Pochi gli indizi a disposizione degli inquirenti, il brigadiere Antonio Carrieri e l’appuntato Murola.
A parte l’auto ritrovata abbandonata, poco prima del bosco e una sciarpa rossa, rimasta impigliata accanto al fiume, sono pochi anche i dettagli sulla vita privata della donna scomparsa. In un paesaggio autunnale innevato e piovoso situato tra Borg sot la mont, «è qui che vive la madre di Sofia, nel borgo antico, un mucchietto di case strette l'una all'altra», e Pradosio, (i nomi dei luoghi sono di fantasia), prende corpo l’indagine inserita in un «giallo anomalo», così lo definisce l’autrice. Ma se il nucleo narrativo è il mistero della ragazza scomparsa, è la comunità a essere la vera protagonista della vicenda, inserita in un ambiente, quello della montagna, raccontato come indifferente agli uomini, in cui il clima e le asperità hanno un significativo impatto sulla vita dei suoi abitanti.
Ogni vita che tocca, sfiora o si intreccia con quella di Sofia, è costruito come un vero e proprio controcanto dolente e aspro di uomini e donne di confine, come Franz, un uomo che vive in solitudine tanto da meritarsi il soprannome di Gufo, la Vecchia Agata, sentinella di un mondo di contrabbando e isolamento il cui ricordo stesso sta svanendo, i Tre Re, anziani eccentrici e sarcastici sempre in agguato ai tavoli del bar da cui controllare ogni cosa. Su tutti loro lo sguardo indifferente della foresta millenaria, «guerra infinita di tronchi, che svettano a inseguire la luce, rami che lottano per potersi aprire, allungare, ricoprirsi di aghi taglienti e incatramarsi di resina, infinite punte di spada appena sotto la grande montagna che respira».
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