Oltre il 25% delle aziende del commercio a rischio usura
È il risultato dell’indagine effettuata da Confcommercio. Il 15,3% degli imprenditori friulani è molto preoccupato
Giacomina Pellizzari
L’aumento dei tassi bancari e le difficoltà ad accedere al credito favoriscono l’usura anche in Friuli Venezia Giulia.
Nella nostra regione, come nel resto del Nord-est, il 25,6 per cento delle imprese rileva la crescita del fenomeno, mentre il 15,3 per cento degli imprenditori è molto preoccupato per il rischio di esposizione a fenomeni di usura e racket.
Dato, qust’ultimo, leggermente inferiore alla media nazionale pari al 16,5 per cento.
Lo rivela l’indagine annuale effettuata da Confcommercio, in collaborazione con Format Research.
Anche se nel Nord-est la percezione del peggioramento della sicurezza (7,2%) resta al di sotto della media nazionale (10,3%), il problema c’è e non va trascurato. «Il 16,5 per cento degli imprenditori ha riscontrato fenomeni di usura o estorsione nella propria zona di attività» si legge nella nota di Confcommercio, da cui emerge che il dato regionale è al di sotto della media nazionale pari al 21,4 per cento.
Non a caso le forze dell’ordine (33,5%), le associazioni di categoria e le organizzazioni antiusura (27,8%) sono i soggetti più vicini agli imprenditori minacciati. Il 16,1% dei titolari d’azienda è molto preoccupato per il rischio di esposizione all’usura e al racket nell’area in cui opera, dato quasi in linea con la media nazionale del 16,5%.
E quando le imprese si ritrovano a vivere da vicino gli effetti dell’usura e del racket, il 49,9 per cento ritiene indispensabile denunciare.
In questo caso il 29,9 per cento – a livello nazionale la percentuale sale al 59,4 per cento – non sa cosa fare. Il 59,7 per cento delle imprese operative nel Nord-est si ritiene «molto o abbastanza» penalizzato dall’abusivismo e dalla contraffazione.
Tant’è che l’84,8 per cento delle stesse ha investito in misure di protezione per garantire sicurezza anche ai clienti. Nella stragrande maggioranza dei casi, i commercianti installano sistemi di videosorveglianza e allarmi antifurto. La maggior richiesta di sicurezza è una conseguenza del fatto che l’11,5 per cento delle imprese del Nord-est ritiene che la qualità della vita sia peggiorata nell’ultimo biennio.
Nel resto d’Italia va peggio (17,8%). Le principali cause vanno cercate nel calo della sicurezza personale, nella riduzione del reddito medio e nella chiusura di servizi alla persona ed esercizi commerciali.
«Il tema è sempre attenzionato e monitorato» assicura il presidente di Confcommercio, Giovanni Da Pozzo, nel ribadire che a seguito «dell’aumento dei tassi a due cifre per l’accesso al credito bancario e della difficoltà del sistema bancario, soprattutto a supportare le esigenze delle micro piccole imprese, il rischio di veder ulteriormente aumentare il fenomeno è reale».
Da Pozzo, ritiene, infatti, che per evitare spiacevoli sorprese, «un continuo contatto tra imprenditori, associazione di categoria e forze del ordine è fondamentale».
Lo confermano pure le stime dell’ufficio studi di Confcommercio nazionale diffuse, ieri, in occasione della decima edizione della Giornata “Legalità, ci piace”, un’iniziativa di analisi, denuncia e sensibilizzazione sulle conseguenze dei fenomeni criminali per l’economia reale e per le imprese.
Un appuntamento annuale istituito dal sistema confederale per contrastare ogni forma di illegalità e per promuovere e rafforzare la cultura della legalità che è un prerequisito fondamentale per la crescita e lo sviluppo economico.
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