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Notti al gelo, a Pordenone l’“esercito” dei disperati: non solo profughi

Al Bronx ci sono italiani, romeni e immigrati con le carte in regola ma senza la minima idea di come trovare casa e lavoro

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PORDENONE. E’ un melting pot culturale, un micromondo di lingue, culture e religioni diverse quello che si nasconde ogni sera tra gli anfratti del parcheggio del Bronx, a Pordenone, a poche decine di metri dalle vetrine addobbate, dai colori del Natale e dalle casette che fanno affari.

Tra buio e freddo sono una decina le persone che trascorrono le notti sottozero di dicembre all’addiaccio, riparate da coperte di fortuna, intabarrate nei giubbotti e nutrite di quel poco che volontari e cittadini comuni portano loro.

Chi sono? Ci sono rifugiati che hanno già acquisito lo status e potrebbero farsi una loro vita, ma non sanno come trovare un tetto e lavoro. Ma ci sono anche gli italiani, portati dai casi della vita a rimanere senza famiglia, senza un lavoro e senza una casa.

Infine ci sono anche stranieri residenti in Italia: da qualche giorno trovano, infatti, riparo per la notte al Bronx tre cittadini romeni, padre e due figli (entrambi maggiorenni).

«Sono problematiche che vanno al di là della nostra funzione» hanno spiegato i volontari di Rete solidale, realtà nata in città un paio d’anni fa per far fronte alle esigenze dei richiedenti asilo che, arrivati a Pordenone, non trovavano accoglienza ed erano costretti a vivere per strada fintanto che non veniva trovato loro un posto dove stare.

Ora quell’emergenza è stata tamponata e un efficace turnover garantisce un alloggio a tutti coloro che arrivano nella nostra città. Tuttavia, come dimostra questa situazione, si sono aperti nuovi fronti d’emergenza e sono spuntate altre difficoltà sul territorio.

«Il numero di chi dorme al Bronx è altalenante – hanno commentato la situazione dalla Rete solidale – perchè queste persone non sono legate al territorio: una sera possono essere tre, un’altra sette, di solito non si supera la decina. E’ gente che ha residenza altrove e per questo risulta pressochè sconosciuta ai servizi sociali. Ma ciò non toglie che per queste persone si potrebbe trovare un riparo: è una situazione che fa rabbia perchè non crediamo sia così difficile trovare una soluzione per un numero comunque esiguo di persone».

La Rete solidale si occupa di loro portando coperte, the caldo, vestiti, scarpe e cibo quando serve, ma ci sono anche cittadini comuni che, venuti a sapere della situazione, si prestano a offrire loro alimenti e bevande: è il caso di un fruttivendolo che, anche l’altra sera, ha portato un casco di banane. Piccoli gesti che comunque denotano lo spirito solidale di pordenonesi disposti a tendere la mano a chi sta male.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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