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L’ultima gara di Pellizotti Il carnico abituato a volare

Oggi al Lombardia il 40enne della Bahrain Merida chiude una carriera super Successi e cadute: dal Giro del Friuli 2002 agli ultimi anni con Vincenzo Nibali

2 minuti di lettura

udine

Giro di Lombardia. Oggi alla partenza da Bergamo, mentre si preparerà a scortare il suo capitano-amico Vincenzo Nibali alla battaglia per la conquista del terzo Giro di Lombardia, gli passerà davanti, ne siamo certi, tutta la sua carriera.

Da quella biciclettina rossa regalatagli da papà Giacomo, alle prime gare a Latisana, al Giro under 23 perso per un soffio alla vittoria al Giro del Friuli 2012. A Tarvisio. Con urlo, pianto. Perché Franco Pellizotti aveva vinto in casa, nel suo Friuli. Il Lombardia sarà la sua ultima corsa. Andrà forte, lo garantiamo, perché a 40 anni suonati il “Pelli” va ancora forte. Al Mondiale di Innsbruck ha fatto il regista, nel 2017 al Giro ha trascinato sul podio Nibali e poi, alla Vuelta, l’ha “telecomandato” sull’Angliru alle spalle di Froome. Da due anni s’è messo a disposizione del capitano che 15 anni fa, quando alla Liquigas era uno dei fari della squadra, aveva aiutato a farsi largo nel mondo dei grandi. Prima?

Carriera da carnico vero. Con picchi e cadute. I picchi: Pellizotti cresce che è un piacere. Nel 2003 c’è in maglia Alessio quando s’“inaugura” lo Zoncolan e Pantani regala l’ultimo sorriso. Qualche giorni dopo, alle Cascate del Toce, i suoi riccioli biondi sono tra i primi a inseguire il Pirata nell’ultimo scatto. Poi, 2006, maglia Liquigas, vince la prima tappa al Giro. A Peschici. Con una volata lunga. Cresce il “Pelli”. Nel 2007 scorta Di Luca in rosa, è l’anno dello Zoncolan da Ovaro; 2008: quattro giorni in maglia rosa a inizio Giro.

Finita? No. Domina la cronoscalata di Plan e Corones finisce quarto per 2” a Milano. È tra i big del ciclismo mondiale. In squadra arriva Ivan Basso, lui lo batte al Giro, vince al Blockhaus, dà spettacolo, sale sul podio al Colosseo dietro Menchov e Di Luca. Va al Tour: maglia a pois, attacca sempre. Prima del Giro 2010 i bookmakers lo danno per favorito.

E arriva la caduta: valori anomali nel passaporto biologico. Sospeso. Alla vigilia del Giro, che sarebbe passato sullo Zoncolan da Arta e Paularo, casa sua. Doping? No, mai trovato positivo. Ma all’Uci serve dimostrare che il sistema funziona. Il Coni, che nel frattempo ha fatto squalificare Valverde lo assolve, l’Uci si appella al Tas. Vince. Due anni di stop. Lui, sempre dichiaratosi innocente, spinto da una famiglia con la “F” maiuscola, si allena, torna a vince con poche corse nelle gambe il campionato italiano. Poi attacca sempre all’Androni di Savio, sfiora il successo sullo Zoncolan al Giro 2014, ma avrebbe potuto correre nell’Astana di Nibali maglia gialla al Tour. Fa in tempo a regalarsi due anni con i grandi alla Bahrain. “Pelli” farà il ds nel 2019, dicono legga la corsa benissimo. —



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