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Paura degli orsi? Con il “bearwatching” no

Intervista a Cesidio Pandolfi, che al Parco nazionale d’Abruzzo ha ideato una nuova disciplina turistico-scientifica

di Alessandra Beltrame
2 minuti di lettura
(ansa)

PULFERO. Chi ha paura dell’orso? In Friuli qualcuno comincia ad averne. Alcuni giorni fa, in Trentino un’orsa ha aggredito e ferito un uomo che si era avvicinato ai suoi cuccioli. Ed è scattata la psicosi: timori ad addentrarsi nel bosco nelle Valli del Natisone e del Tarvisiano, dove più spesso è stata segnalata la presenza dei plantigradi, e un aumento di richieste di informazioni al Villaggio dei Orsi di Stupizza di Pulfero, che compie attività di ricerca e divulgazione. Ma c’è da preoccuparsi? No, secondo gli esperti.

«La presenza di questi animali nelle nostre aree montane si è fatta costante da almeno una decina d’anni ma senza problemi», avverte Stefano Filacorda, ricercatore del dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’Università di Udine, che anche ieri era sul campo con un gruppo di studenti per monitorare gli spostamenti dei plantigradi.

«Abbiamo contato dieci individui maschi in transito, non presenti contemporaneamente. Quasi tutti provengono dalla Slovenia, mentre tre sono i figli degli orsi reintrodotti in Trentino. Trasmigrano perché in Friuli trovano condizioni ideali; una più bassa densità abitativa, aree naturali poco frequentate. È una buona notizia: vuol dire che il nostro territorio è sano e sufficientemente preservato. Altrimenti questi grandi mammiferi non ci potrebbero vivere. Sono molto più vicino a noi di quanto si pensi: si muovono di notte, spesso si avvicinano alle case ma non hanno mai fatto male a nessuno. Così come quando andiamo a camminare ci premuniamo per proteggerci dalle zecche, allo stesso modo dovremmo conoscere le regole per convivere con questi grandi mammiferi».

Cosa dobbiamo fare se incontriamo un orso? Lo abbiamo chiesto a chi gli orsi li vede quasi ogni giorno: Cesidio Pandolfi, ideatore dell’unica esperienza italiana di “bearwatching”, escursioni che raggiungono i territori prediletti dagli animali per osservarli senza disturbarli e in piena sicurezza. Questo avviene nel Parco nazionale d’Abruzzo, dove l’orso vanta una presenza stanziale di una cinquantina di esemplari.

«Domenica uno dei nostri gruppi ha avvistato due femmine con i cuccioli. Sono esperienze bellissime da vivere senza alcun timore», spiega.

(ansa)

Quando è più facile incontrare un orso?

«All'imbrunire e all'alba. Gli animali selvatici si muovono di notte, di giorno riposano. Scelgono il crepuscolo e le ore fresche del giorno. L'orso è abbastanza abitudinario, ma anche imprevedibile. Mi è capitato di imbattermi in pieno giorno in due orsi che si stavano accoppiando. Stavo rientrando da un’escursione con un gruppo di studenti ed eravamo molto vicino al centro abitato».

Qual è il comportamento consigliato quando lo avvistate?

«Quello di fermarsi e indietreggiare lentamente. L’orso è solitario, ama la tranquillità e la solitudine. Osservarlo non è un problema. Basta evitare di disturbarlo: è pur sempre un animale selvatico e di grossa mole (fino a due quintali). La sua reazione normale è la fuga. Se percepisce una presenza, potrebbe sollevarsi sulle due zampe, dando l'impressione di minacciare. Invece lo fa solo per osservare meglio (vede poco, mentre invece l’olfatto è acutissimo)».

L'orso immortalato dall'Università di Udine

Vi è capitato di trovarvi in situazione di potenziale pericolo?

«Mai. E facciamo questa attività da 25 anni. Una volta abbiamo anche sorpreso due orsi che si rincorrevano. Provenivano nella nostra direzione. Teniamo presente che questi animali possono correre a 50 chilometri all’ora».

Come vi siete comportati in questo caso?

«Ci siamo subito fatti notare, facendo rumore, alzando e agitando le braccia. L’orso è un animale pacifico: se avverte un disturbo alla sua quiete, scappa. Infatti così ha fatto».

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L’orsa con i cuccioli è più pericolosa?

«Come qualsiasi animale che difende i propri piccoli. Avvicinarsi ai cuccioli è sempre un comportamento a rischio. Le persone devono capire che c’è un limite invisibile oltre il quale non si può andare nel contatto con un animale».

Per l’orsa trentina Daniza c’è un ordine di cattura.

«L’orsa ha avuto una reazione naturale ed è sconcertante che ora la si colpisca. Dobbiamo semmai preoccuparci di accrescere l’educazione ambientale, che in Italia è molto carente».

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Come avviene il bearwatching?

«L’avvistamento è spontaneo, senza attirare l’animale con alcuna esca, come avviene per esempio in Slovenia. Ci limitiamo a raggiungere i luoghi che sappiamo loro prediligono a seconda della stagione. Ora, per esempio, l’orso sale sulle cime dove matura una bacca di cui è particolarmente ghiotto, il ramno alpino, che cresce nelle zone rocciose. Ci appostiamo, puntiamo i binocoli e attendiamo in silenzio. E ogni volta che l’orso appare, l'emozione è fortissima».

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