Il mondo hard giappo vive di bip e di bollini
Al fruitore “tocca” immaginare ciò che avviene nelle inquadrature più hot. L’attrice di “Adult video” Kuribayashi: «Si girano circa mille short il mese»
I tipicamente giapponesi AV, Adult Video, sono una cosa seria, mica pizza e fichi. Tanto per dirne subito una tosta: Yojiro Takita, che diresse l’Oscar Departures, cominciò dagli AV. Niente da fare, i figli del Sol Levante sono più sciolti. Ne girano più di mille il mese, di corti, e senza doversi arrabattare più di tanto a rastrellare attori.
C’è, in realtà, un dislivello enorme fra le signorine specializzate, più di diecimila, e gli ometti tartarugati (un’ottantina). Il compratore medio se ne frega dei suoi simili, preferendo l’ammucchiata femminile. Non ci è venuto in mente ieri mattina di addentrarci nell’hard nipponico, così, mentre ci scivolava giù un ottimo caffè d’orzo. E nemmeno per improvvise fantasie erotiche rimbalzate nel foyer del Giovanni da Udine. ’Sta ricerca è la conseguenza di un grazioso filmetto che tratta il sesso da lontano, Make Room, sguardi nascosti e soltanto percezioni che arrivano delicate dalla stanza del trucco di un’operina very very sex. Un nuovissimo point of view di Morikawa Kei, regista di porno, stavolta a girare laddove i corpi si preparano alla battaglia.
Riri Kuribayashi, bambolina di 1.53, taglio geometrico e vestitino da Heidi dei monti Akaishi, è scesa dalla zeppa di mezzo metro planando sul divanetto della conferenza stampa. Viso di porcellana, vocina da tredicenne (è del 1987), eppure sopra e sotto le lenzuola pare sia la mejo. «Lavoravo in un centro di telefonia mobile e mi dicevo ogni giorno che mai sarei rimasta con le cuffie sulle orecchie per tutta la vita. Non sapevo nemmeno io cosa avrei combinato al cinema, ma volevo rischiare. Non è facilissimo far parte del gruppo, ma noi donne un vantaggio ce l’abbiamo: la richiesta pazzesca».
Basta essere un pizzico disinibite e «graziose», precisa Kei, e di lavoro ce n’è in abbondanza per tutte. Sono short non lungometraggi veri e propri come da noi. Ma soprattutto, sempre paragonando la produzione italiana a quella giappo, l’ufficio incaricato a spulciare il girato non lascia affatto scivolare fuori le intimità, inserendo bip e bollini come se piovesse. Oddio, qualcosa vedi, diciamo l’indispensabile oscurando, però, le sconcezze.
Lo stesso il prodottino va via a razzo. In dvd e on line, nelle sale c’è il divieto di mostrare cosine precluse ai minori di diciotto anni. E ci si arrabatta con gli stessi metodi cari alla carboneria mazziniana. Il materiale ha pure un certo destino estero, ecco perché Riri è conosciutissima. In Patria, a Taiwan, in Corea, a Honk Kong, poco poco in Cina. Sapete quanto i nipoti di Mao siano ostili a certe nudità libere. Comunque su Facebook - ormai è il più efficace misuratore di notorietà - la ragazzina minuta è bombardata dai fan. E lo dice chiaro e tondo il produttore di Make Room, Adam Torel: «Quando in copertina compare il nome suo, le vendite triplicano». In sette anni di onoratissimo servizio, Mrs. Kuribayashi ha affestellato uno sull’altro duecento video. Ognuna è diva a modo suo.
Perdonate ancora un parallelismo con la nostra produzione hard. Le pornostar tricolori restano legate all’universo loro, quasi nessuno salta nel cinema per tutti. Oddio, soltanto Rocco, Moana e Cicciolina in qualche modo si sono creati solidi altrove, gli altri col kaiser che hanno visto la luce della ribalta. Invece le nipponiche degli AV hanno molte chance di essere risucchiate dalle proposte mainstream. Aggiunge Morikawa Kei. «Chi sa fare bene il sesso, ha un’espressività più marcata di chi, invece, compie il suo lavoro con mediocrità. O riesci a cambiare la tua esteriorità, oppure il pubblico si stufa di vederti sempre uguale. È uno spettatore esigente, quello».
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