Welles, i trucchi di un genio del trasformismo
Il ritrovato “Mercante” inaugurerà la Mostra del cinema di Venezia giunta alla edizione numero 72. Con Cinemazero il primo settembre al Lido
UDINE. Inusuale battezzare una Mostra con antiquariato americano. Però è roba rara - anzi si pensava non esistesse proprio più - griffata da un O.W. che notizia la fa sempre, anche da defunto.
Se ne andò trent’anni fa, mister Welles, il 10 ottobre 1985 e il primo settembre Venezia 72 (Sala Darsena, Lido, dalle 20.30) sparerà in una pre-apertura un Mercante del ’69 risorto dalle cantine pordenonesi di Cinemazero, oltre a un Otello e a un breve concerto dell’Orchestra classica di Alessandria.
Merito della famosa cassa Orson, già generosa nel ridare colore, si fa per dire, a Too much Johnson, una delle tante pellicole wellesiane, diciamo minori, credute polverizzate dai topi. L’anniversario tondo, forse, ha mescolato energie e dato propulsione a clamorosi ritrovamenti.
Ma friulani e pordenonesi non disperino. Il Mercante di Venezia, ovviamente ben incipriato e presentabile a una popolazione contemporanea (il lavoro di composizione è davvero incredibile ed è un cinquanta per cento made in Friuli), si farà vedere anche giovedì 3, alle 21, a Cinemazero e venerdì 4, 20.45, al Visionario di Udine. Con il coordinatore Riccardo Costantini.
Opera incompiuta, tanto per precisare. Un buon tratto di celluloide era stato consegnato dall’ultima compagna del regista, Oja Kodar, al Filmmuseum München affinché giacesse in pace. Il resto è spuntato magicamente dal fondo e l’unione, si sa, fa la forza.
Avendo in mano i pezzi giusti ed essendo ormai gli esperti certissimi di maneggiare una bomba senza spoletta, inizia la caccia per la composizione. Impeccabile Virgilio è l’esperto udinese Luca Giuliani, supervisore del restauro, che scoperchia molti altari del nostro.
«Welles, è notorio, non pagava mai gli attori e tanto meno le produzioni. Di soldi ne aveva sempre pochi in tasca. S’intrufolava in altri film per pagarsi, poi, i suoi. Arrivando persino a chiedere alla sartoria le non richieste modifiche ai costumi, che avrebbe utilizzato per scopi personali. Un genio nell’arte di arrangiarsi».
I venticinque minuti de Il Mercante di Venezia, in realtà, non si possono definire film. «Una fissa di Welles fu il personaggio scespiriano di Shylock. Interpretò Falsfaff, fece Otello, finché la Cbs gli commissionò una serie di servizi sulle capitali europee sotto l’insegna di Orson’s bag.
E lui, così, ci piazzò Venezia con uno dei personaggi simboli: l’ebreo, appunto. Ma soltanto pochi attimi hanno come sfondo la vera laguna veneta. Domina Asolo, pensate, quindi Roma e Trogir in Croazia».
I Sessanta, per l’artefice di Quarto potere, non furono la sua epoca d’oro, tutt’altro. «La moglie lo beccò con la signorina Kodar e lo buttò fuori di casa, mostruoso materiale compreso. E qualcuno gli soffiò pure il rullo del sonoro del Mercante, tant’è che noi siamo riusciti a ricostruirlo grazie a una registrazione del ’38 del Mercury Theater, a cui partecipò pure il nostro uomo».
Ma l’autentica svolta per ricomporre il più fedelmente possibile schegge impazzite di girato, «si è materializzata su una pagina - racconta Giuliani - con le musiche originali del maestro Lavagnino che Sergio Toffetti ci ha consegnato. Scritto a mano, sotto, abbiamo scoperto la sequenza pensata da Welles. Senza quell’appunto non ce l’avremmo mai fatta».
Vediamo così Orson Welles mentre si prepara a entrare nel personaggio e cura personalmente il trucco, introduce lo spettatore alla natura di Shylock e dell'opera. Con un classico movimento fra realtà e finzione accoglie la richiesta di Bassanio e dopo aver salutato la figlia Jessica, si prepara all’incontro con Antonio.
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