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Don Geretti a Sgarbi: «Povera chi ti sposa» - Foto

Pungente dialogo sull’arte con un Caravaggio contestato

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CIVIDALE. Sfila su una selezione di opere d’arte il duello fra anima e corpo, nella penultima giornata di Mittelfest: a Vittorio Sgarbi il compito di presentare capolavori dall’inequivocabile messaggio carnale, a don Alessio Geretti quello di proporre e dettagliare meraviglie dal sapore mistico.

Copione secondo logica naturale, insomma, e debutto lineare, diciamo così, con esegesi condivise. Finché arriva il Riposo durante la fuga in Egitto del Caravaggio, ed è... spettacolo: la strana coppia scoppia (amabilmente, precisiamo) e il pubblico comincia a ridere di gusto. La lettura spirituale di don Geretti lascia il co-protagonista a dir poco interdetto: «Non ho mai sentito - stronca il professore - una spiegazione meno convincente di questa».

La quale, in estrema sintesi, indicava la ripartizione del quadro in una metà ombrosa e in una luminosa, a significare «che si può consumare l’esistenza solo sul piano carnale, ma in quel caso sarà vita arida, pesante e buia», oppure unire alle pulsioni fisiche la spiritualità, e allora la musica sarà ben diversa.

«Io la vedo completamente in altro modo - esordisce il critico -. Mi pare chiaro che l’angelo al centro è il protagonista, in piena evidenza, provocazione che scardina una gerarchia secolare: è uno di quei ragazzetti di strada che piacevano a Caravaggio, che gli ha piazzato sulla schiena due ali nere, teatrali...

Siamo a metà fra Belen e un trans. Sta davanti a uno sveglissimo (rivoluzione) San Giuseppe, mentre la Madonna (altra rivoluzione, dopo 300 anni di pitture che la effigiavano maestosa) dorme. Il demonico angioletto guarda il malcapitato con fare sensuale... Insomma, qui è pura carne! La fuga in Egitto rappresenta la vendetta di San Giuseppe. La prima e l’unica, peraltro. Caravaggio interpreta la storia dalla prospettiva del marito di Maria; dietro il quale, per inciso, io non vedo tenebre: vedo un asino».

Don Alessio non batte ciglio e comprova la sua nota verve: «Su un punto siamo d’accordo - chiosa, riagganciandosi a precedente battuta del paladino del corpo -: l’assoluta pericolosità del matrimonio. Immaginiamo una donna che volesse sposare te...». L’applauso esplode. A cornice della conversazione un’opera musicale di Emilio de’ Cavalieri, datata 1600: in scena il Coro Fvg e l'Ensemble Barocco dell'Orchestra San Marco.

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