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La malga della secessione sulla frontiera alpina tra la Carnia e il Cadore

Casera Vecchia di Aulo Gressani, un punto d’incontro tra Friuli e Veneto. È del Comune di Sappada, ma il territorio è gestito da Forni Avoltri

2 minuti di lettura
La mattina presto in zona Sappada fa già freddo. «Si sopravvive certo, ma l’altro giorno il termometro segnava tre gradi», racconta Aulo Gressani, gestore della malga Casera vecchia, un luogo che in molti conoscono. Puntando il compasso sulla geografia quest’area è riconducibile alle sorgenti del Piave, alle colonie estive di Pierabech e a quella Sappada che in molti non hanno ancora capito dove e con chi debba stare. «La proprietà è del comune di Sappada mentre il territorio è amministrato da Forni Avoltri» dice Aulo, uno dei cinque che tracciano la cartografia di questo luogo. «Il signor Odino, Simone, Giovanni, il sottoscritto e Gabriele, il più giovane di tutti».

Malga casera Vecchia suona come un avvertimento alle guardie confinarie. È un tema da frontiera alpina, l’esposizione delle sfere d’influenza, ponente Cadore, levante alla Carnia. Da un lato il dibattito sempre più vorticoso sulla secessione sappadina fa in modo che molte abitazioni abbiano già dato inizio a una rotazione, un po’ come fanno i girasoli; dall’altro, le zone di confine vivono faglie sotterranee capaci di subire quelle flebili scosse, di natura umorale, che polverizzano le certezze degli abitanti. «Per quanto riguarda i contributi dal Veneto quelli li abbiamo ricevuti. Quelli dal Friuli Vg invece dovrebbero arrivare, così per sentito dire, verso l’autunno», afferma Aulo. Si ripropone trasparente la complessità dei tracciati che dividono, con i quesiti allucinati di chi, naturalmente, non può capire dinamiche di questo genere. Se vogliono stare di qua, ma i soldi li prendono anche di là, e se passando di qua, i soldi che vengono da là non li prenderanno più, ma chi glielo fa fare? È un silenzioso tentativo di immaginare una vox populi che potrebbe fischiare tra gli alberi o suonare i campanacci delle mucche. Le cose certamente si sistemeranno, qualcuno rimarrà scontento, altri esulteranno. L’unico punto ben segnato sulla mappa è che malga casera Vecchia di lí non si muoverà. «Ho caricato malghe per cinquant’anni» mi racconta Aulo, voce tiepida nel misto carnico-italiano, musicante d’alta quota. «A otto anni mungevo capre e le mungo ancora. Ne abbiamo 130 in tutto, assieme poi alle 50 vacche da latte e le altre da carne. Facciamo la solita trasformazione, il formaggio, la ricotta, il burro e via».

Le capre di Aulo e Odino sono frutto anche di incroci. «C’è un po’ di tutto – scherza Aulo – “la bianca e nera, la saneen e le camosciate alpine. Io è dal 2000 che sono qui, ma Odino vive questa malga da più di 35 anni». Aulo e Odino, sembrano creature scandinave, spiriti dagli occhi chiari, senza la paura dell’aldilà. I confini si tracciano, i confini si abbattono. I confini spesso sono illuminazioni sulle nostre incapacità, spesso sulla nostra palese ignoranza di quello che fu. «Ho nostalgia di quando si faceva malga in maniera diversa. Stare in casera col fuoco, raccontarsi le giornate, si era veramente una grande famiglia. Oggi io non so se è più così, sai, una volta non lasciavano libere le vacche al pascolo tutto il giorno per esempio. Non voglio dire che è sbagliato, ma i vecchi pur non erano così stupidi una volta se decidevano per un’altra maniera, no?».

«Di media passano dalle 8 alle 15 persone al giorno - racconta Aulo -. Tra le sorgenti, il Calvi, le escursioni sul Peralba, qui di gente ne passa sempre. Facciamo solo vendita diretta, non ci sono camere, né piatti caldi o ristorante». Sbarchi sui 1680 metri della malga da Cima Sappada o da Pierabech: in entrambi i casi ci vuole un fuoristrada. Altrimenti vai a piedi. Oppure telefoni ad Aulo al 3391281736: ti risponderà solo se funziona la rete, ed eventualmente ti richiamerà.

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