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Ragogna racconta il Friuli che vuol riscoprire la terra

Il vicedirettore del Messaggero Veneto presenta il suo libro. Una galleria di capitani coraggiosi mossi dalla buona volontà del biologico

2 minuti di lettura

Questo nostro Friuli, i volti e le storie di chi ha scelto la vita nei campi

UDINE. Friuli come laboratorio di sperimentazione. Elemento fondativo? L’amore per la terra e i suoi prodotti, che siano, a esempio, fragole, arnica, fagioli, mais. “Questo nostro Friuli. La riscoperta della terra”, è il nuovo lavoro di Giuseppe Ragogna, giornalista e scrittore, che sarà presentato in anteprima oggi alle 17.45 nella nuova sede della redazione in viale Palmanova. Uno dei seguitissimi eventi per la Community Mv, che sempre più ampia segue le proposte offerte dal giornale.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Le carni del maiale: il piatto principe del Friuli a tavola]]

L’autore, vicedirettore del Messaggero Veneto e penna già celebre per le opere local, legate alla memoria di Pordenone e del pordenonese, ha raccolto in questo lavoro trenta interviste/racconti, già comparsi nel 2017 sulle pagine domenicali del giornale e ora pronti di editing per il mercato dei libri.

“Questo nostro Friuli. La riscoperta della terra.” è una specie di Genius loci di giovani uomini e donne, neo-contadini che credono nel futuro, spesso “coltivando” il passato. Due le prefazioni, a firma Omar Monestier, direttore del giornale, e Paolo Maurensig, scrittore.

«Ho sempre creduto, e ancora credo», scrive Monestier, «che il giornalismo sia il racconto delle vite delle persone e non soltanto, si fa per dire, le inchieste, le narrazioni epiche dei grandi personaggi della politica». Pensiero assai condiviso da parte di chi scrive, e che per lo stile di Ragogna ben si inscrive in una scelta, in primis etica, di attenzione verso storie esemplari e solo all’apparenza minime. In realtà? Vite gloriose, coraggiose; e forse persino lungimiranti. Che si coltivi zafferano, che si allevino alpaca, che si creda nel potere della barbabietola o dello zugolo dolce (cfr. un mandorla di terra), in un momento così scomposto dove siamo in tanti a vacillare, le storie raccontate da Ragogna fanno del bene. Si leggono con empatia. I protagonisti sono per lo più trenta/quarantennni che arrivano dal mondo lavorativo di uffici e industrie, esperienze all’estero e accademiche, e che a un certo punto, proprio “nel mezzo del cammino”, decidono di virare. Alcune volte seguono le orme di qualche familiare, ma per la maggior parte sono neofiti, e questo è il bello. E cosa fanno? Sono giovani che si mettono a credere nel potere della terra. Cioè la amano, la studiano, la rispettano e la coltivano; con le più attente tecniche legate alla sostenibilità ambientale e con l’occhio digitale rivolto all’esperienze globali.

Certi che queste microstorie da capitani coraggiosi piacerebbero ad animi belli come il Grande Saggio Ermanno Olmi, da poco scomparso, citiamo Ragogna stesso. «Sono particolari esperienze incastonate in una regione che vanta il boom delle superfici riconvertite al biologico». «Le tappe di questo viaggio a puntate», scrive, «hanno acceso anche i riflettori sulla terra dei mille campanili, dei piccoli borghi, della fertile pianura e delle vallate che tentano di rinascere». Il giornalista segue con una cura quasi genitoriale e con il fiuto del reporter d’economia questo sano flusso di concretezza e idealismo, managerialità e sogni, e sviluppa così un’interessante mappa territoriale targata Fvg, con due punte estere: Texas e Azerbaigian, dove due friulani sono diventati casaro e vignaiolo, esportando la materia prima da qui.

Ciò che sta alla base di questi racconti di vita è l’entusiasmo con cui a un certo punto della propria esistenza si decide di compiere un patto di fiducia con il proprio domani. Scrive Maurensig nella prefazione: «Saranno loro i beati che erediteranno la terra? Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di un fenomeno isolato e che ormai manchino solo pochi decenni perché la terra diventi un luogo inospitale. Ma io sono convinto che anche lapiù massiccia inversione di tendenza nasca dalle piccole cose e che (tanto per restare in tema) pure la più gigantesca sequoia sia nata da un minuscolo seme».

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