Il potere di una mente pensante nel film senza tempo di Fasulo
La storia del mugnaio di Montereale accusato di eresia da oggi in tour regionale Il regista di San Vito: «Ho voluto indagare soprattutto sulle emozioni»
laura piganilaura pigani
Quanta paura fa un uomo capace di pensare? Una mente forte, che nella seconda metà del Cinquecento si pone interrogativi le cui risposte sono troppo scomode per essere ammesse dalla Chiesa di Roma. Bigotta, attenta più a consolidare potere e ricchezze, che a curarsi dei reali bisogni del popolo.
Ci prova, a ragionare con i gerarchi cattolici, un mugnaio di Montereale Valcellina – che nel Menocchio diretto da Alberto Fasulo è interpretato da un intenso Marcello Martini – che, sorprendentemente, sa leggere e scrivere. Ma, soprattutto, sa riflettere. E questo spaventa vescovi e prelati, perché Domenico Scandella, detto Menocchio, è come un fiammifero in un pagliaio, capace di instillare dubbi nella testa della gente del paese. Persone semplici, povere, abituate a lavorare duramente per guadagnarsi quel che serve per vivere, a sopportare sacrifici rivendicati da ogni ruga del viso: se questi si armassero di idee proprie, quali pretese potrebbero avanzare, mettendo in discussione i dogmi di Roma? Menocchio è un personaggio disturbante che l’Inquisizione pensa bene di far tacere. Ma non sarà certo il carcere a piegarlo, nemmeno gli interrogatori o gli inquisitori, davanti ai quali sfilano impauriti anche amici e familiari, che lo vorrebbero salvare («salviti, pari»). Il processo per eresia e l’abiura sono, in realtà, la calma prima della tempesta. Perché le opinioni di un uomo pensante non si possono cancellare a comando.
Poco il parlato nel film – i paesani usano il friulano, mentre il clero si esprime in latino durante il processo e in italiano con la gente –, il regista indaga soprattutto «le emozioni». L’indovinata scelta dell’illuminazione naturale, in un contrasto di luci e ombre che sembra quello di un dipinto del Cinquecento (Fasulo firma anche la fotografia) ben sottolinea (come la musica, di Paolo Forte) la drammaticità del contesto e il tormento vissuto dal mugnaio (e pure dalla moglie e dai figli), diviso tra l’affermazione delle proprie idee e il timore degli effetti di queste sulle persone a lui care. «È stata una sorpresa aver finito il film – ha spiegato ieri il regista alla presentazione per la stampa –, nato da un’urgenza di essere coerenti con se stessi e il territorio. Ho capito di poterlo fare solo dopo aver visto Martini. Le iniziali diffidenze legate alla realizzazione di un film in costume sono state superate grazie al Fvg. Ringrazio il capitale umano e tecnico che mi ha sostenuto: una rock band di 40 persone». Menocchio, ha chiarito Nadia Trevisan (Nefertiti Film) è nato nel 2013-2014 e si è concretizzato successivamente ottenendo il sostegno degli enti del territorio. È stato girato nelle valli Pesarina e Cimoliana e in Trentino. «Siamo orgogliosi di aver finanziato il coraggio e il talento di Fasulo» ha replicato Federico Poillucci (Fvg Film Commission), pensiero condiviso da Alessandro Gropplero (Fondo Audiovisivo Fvg). Alla presentazione, ieri, c’era parte del cast (quasi tutto alle prime armi): Forte, Martini, Nilla Patrizio (moglie), Emanuele Bertossi (il figlio Zanutto), Maurizio Fanin (inquisitore). —
I commenti dei lettori