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Protezione civile, retromarcia di Panontin: «Fondi a tutti i Comuni»

Regione Fvg. Dopo le polemiche sul Piano di riparto 2016 l’assessore promette correttivi. «In legge di Stabilità troveremo le risorse per soddisfare tutte le richieste»

2 minuti di lettura

UDINE. Marcia indietro di Paolo Panontin sul riparto dei fondi per la Protezione civile ai Comuni del Fvg. Non totale, sia chiaro, perché la delibera di giunta con cui si è decisa la destinazione di oltre 4 milioni di euro di finanziamenti regionali tramite il Piano tecnico 2016 resta perfettamente valida, ma comunque netta quantomeno sul piano politico.

Lo stanziamento previsto, infatti, continua a privilegiare i Municipi che hanno aderito alle Uti e a penalizzare, nella quasi totalità dei casi, quegli enti locali rimasti fuori dalle Unioni, ma l’assessore promette correttivi a breve e, in particolare, il reperimento delle somme necessarie a coprire le domande di contributo rimaste inevase all’interno della prossima legge di Stabilità.

«Come abbiamo sempre fatto in passato e con la consapevolezza che ai nostri volontari debbano essere garantite attrezzature in perfetta efficienza – ha spiegato Panontin –, oltre all’adeguata formazione, è nostra intenzione trovare nella prossima legge di Stabilità le risorse necessarie per assicurare risposta alle richieste non ancora soddisfatte».

Una posizione diversa rispetto a quella espressa pochi giorni fa in sede di approvazione del riparto quando, riferendosi alle scelte di privilegiare le Uti, Panontin, dopo le polemiche di Fi e dei sindaci di Trieste, Gorizia e Pordenone, aveva puntato il dito contro il centrodestra accusandolo di «fare pagare ai territori il conto della lotta politica contro la riforma».

L’assessore però, adesso, ricorda che per quanto riguarda il Piano tecnico, cioè «uno strumento importante di programmazione e pianificazione che abbiamo voluto ripristinare dopo oltre 10 anni per assicurare in totale trasparenza e con criteri certi il potenziamento del sistema integrato di Protezione civile», all’inizio dell’anno è stato emanato il bando, in base al quale i Comuni hanno presentato domanda di finanziamento. Successivamente, in assestamento di bilancio, sono state reperite risorse a copertura per circa 4 milioni di euro.

«Una somma – precisa – che non riusciva a soddisfare l’intero ammontare delle richieste. Per cui nel predisporre le graduatorie si è dovuto tener conto della priorità, introdotta proprio in assestamento ad agosto, che prevede, per spese aventi natura di investimento, l’assegnazione prioritaria, ma non esclusiva, ai Comuni aderenti a una Uti. Al di là del criterio di appartenenza o meno all’Unione, inoltre, sono rimaste senza finanziamento altre richieste ammissibili, come le nuove sedi di Protezione civile. Anche per queste naturalmente si troverà una soluzione nella prossima legge di Stabilità».

Non soltanto, però, perché secondo Panontin «la precisa volontà di non penalizzare nessuno» si evince dai dati «assolutamente eloquenti» degli interventi già realizzati nel corso del 2016 in Comuni non aderenti alle Uti, alcuni effettuati direttamente dalla Protezione civile regionale – per un importo pari a oltre 4,3 milioni di euro –, altri dalle stesse amministrazioni comunali grazie a trasferimenti per un totale di 2,5 milioni di euro.

E in proposito, l’assessore cita, a titolo esemplificativo, Brugnera «che ha beneficiato di 600 mila euro per la messa in sicurezza del Livenza a Ponte di Sotto», Moggio Udinese «con i suoi 500 mila per la messa in sicurezza del torrente Aupa» e Tarvisio «cui sono stati concessi fondi per 225 mila euro» per l’intervento sulla strada statale 54.

«Cifre che se paragonate – ha concluso Panontin –, soltanto citare qualche caso, ai 720 euro assegnati dal Piano tecnico per una dotazione antitaglio a Gradisca d’Isonzo o ai 450 concessi al Comune di Ruda per un’elettropompa a immersione, portano a ridimensionare le polemiche e a ridefinire con maggiore sensatezza il tema della sicurezza sul territorio regionale».

L’assessore, dunque, prova a gettare acqua sul fuoco delle polemiche e – pur mantenendo la propria posizione sulla delibera – a offrire una sorta di assist ai Comuni del territorio esclusi dal riparto. La domanda, adesso, è: basterà ai sindaci “ribelli”?

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