Falsi prosciutti Dop, nel mirino il Dna dei maiali fuori legge
Più di 400 campioni di sangue inviati al vaglio degli inquirenti che indagano per truffa alimentare
PORDENONE. Più di 400 campioni di sangue sono stati prelevati da altrettanti capi suini in una ventina di aziende fra le province di Udine e Pordenone.
Saranno gli esiti dei test del dna a dire se gli allevatori sono in regola o se qualcuno invece ha aggirato i paletti imposti dal disciplinare di produzione della Dop San Daniele. Utilizzando per inseminare le scrofe materiale genetico di verri di razze non conformi alla Dop.
[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Al setaccio gli atti dell’Istituto Nord Est qualità]]
La Procura di Pordenone indaga per l’ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio aggravata. In un contesto d’indagine più vasto, che coinvolge l’intero Nord Italia, partito da alcune segnalazioni pervenute all’Ispettorato repressione frodi.
La prima notizia di reato, un anno fa, è arrivata al palazzo di giustizia della Destra Tagliamento. È stata un’azienda a denunciare i propri sospetti al Consorzio di tutela, che ha poi coinvolto gli ispettori.
«Abbiamo riscontrato carenze – a precisare la genesi dell’indagine è Gianluca Fregolent, direttore dell’Ispettorato repressione frodi del Triveneto – nella tracciabilità dei suini. Non era chiaro se gli allevamenti rispettassero le prescrizioni imposte dal disciplinare di produzione della Dop.
Si tratta di una problematica di non facile gestione. Fino a che non avremo in mano l’esito delle analisi sui prelievi, però, non avremo certezza di eventuali irregolarità. È proprio per questa ragione che abbiamo deciso di estendere a un gruppo di aziende i controlli, in modo da capire la dimensione del fenomeno e se le segnalazioni corrispondano al vero».
Cinquanta i decreti di perquisizione emessi dal pm Marco Brusegan, 20 in provincia di Udine, 7 nel Friuli occidentale. Coinvolte stalle, ma anche studi veterinari, macelli e salumifici.
Massimo riserbo, in questa fase delicata, da parte degli inquirenti. «L’inchiesta – si limita a commentare il procuratore facente funzioni Federico Facchin – è mirata e condotta in modo puntuale. Non abbiamo inteso colpire a pioggia tutti gli allevamenti, ci siamo concentrati solo su una cerchia ben definita».
Intanto prosegue l’attività istruttoria. Ieri mattina nella sede dell’Ineq, Istituto nord est qualità, è stata acquisita ulteriore documentazione. «L’organismo di certificazione – specifica Fregolent – entra tutti i giorni nelle aziende. Per questa ragione si sta verificando se vi siano state omissioni da parte dell’Istituto nord est qualità».
L’obiettivo dell’operazione è la tutela del marchio Dop. «Prosciutto di San Daniele e prosciutto di Parma – sottolinea Fregolent – sono due delle primarie denominazioni italiane. Nas e ispettorato stanno operando per la tutela della denominazione che rimane credibile e integra.
Non intendiamo certamente comprometterla. Questa indagine, anzi, è mirata a garantire ulteriore credibilità al marchio e a tutelare i consumatori. Se poi vi sono persone fisiche che hanno commesso delle superficialità, saranno loro a pagare i propri errori, senza che questo vada a intaccare il prestigio della denominazione».
Nell’eventualità in cui, a conclusione dei riscontri, i test sul Dna sui campioni suini individuino violazioni del disciplinare, spetterà al Consorzio di tutela estromettere dalla Dop le aziende responsabili delle mancanze.
Con le analisi in mano, saranno poi individuate anche le partite di prosciutti per le quali sono state utilizzati carni di maiali non conformi. In quel caso le fettine non potranno fregiarsi più della corona San Daniele.
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