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Stadio Friuli da vivere 7 giorni su 7: in arrivo piscina e ristoranti

L’Udinese: tutto pronto per il prossimo campionato. CI saranno anche centro fitness e museo dello sport. La società bianconera pensa a un impianto a misura di famiglia, non solo in occasione delle partite

3 minuti di lettura

UDINE. Uno stadio a misura di famiglia da vivere sette giorni su sette e non solo in occasione delle partite. Con un centro congressi, il museo dello sport friulano e quello della società bianconera, un fitness centre con piscina, sale giochi, negozi sportivi e anche caffé, birreria e ristorante, oltre a un centro medico riabilitativo all’avanguardia per mettere a disposizione di tutti un’assistenza di altissima qualità, analoga a quello di cui beneficiano i calciatori. E non è finita qui. Perché il sogno dell’Udinese è quello di far della Dacia arena una vetrina per le eccellenze e le peculiarità, anche enogastronomiche, del Friuli. Un sogno che potrebbe presto diventare realtà grazie alla legge sugli stadi.

Martedì infatti la società bianconera ha illustrato lo studio di fattibilità firmato da Archest nella conferenza dei servizi convocata negli uffici della Questura di viale Venezia. Un primo passaggio “esplorativo” per capire quali tipologie commerciali o legate al benessere possano essere considerate “funzionali” all’attività sportiva. La legge consente di “allargare” il raggio d’azione, ma di fatto l’operazione del Friuli sarebbe la prima a sfruttare le nuove opportunità normative.

Il primo nodo da sciogliere è quello legato alla sicurezza e quindi alla compatibilità di iniziative commerciali come bar e ristoranti con l’utilizzo dell’impianto da parte dei tifosi.

Nel progetto presentato dal direttore amministrativo Alberto Rigotto sono stati previsti accessi indipendenti in modo tale da evitare problemi di ordine pubblico, ma ovviamente in questo caso sarà la Questura a dire l’ultima parola. Tenendo conto anche degli orari di apertura.

Secondo il capo di gabinetto Giovanni Belmonte, che è anche il responsabile del Gruppo operativo di sicurezza (Gos) dal quale vegono monitorati i 125 occhi elettronici che registrano quello che accade all’interno dello stadio e anche nei punti di accesso e nei parcheggi, però sarà necessario fare in modo che nelle giornate delle partite non ci siano “incroci” o commistioni tra gli spettatori e gli utenti delle altre attrazioni.

C’è poi da capire se sarà eventualmente necessario modificare con un passaggio in consiglio comunale la destinazione d’uso dell’impianto. Ma l’Udinese (ieri oltre a Rigotto erano presenti il responsabile dello stadio Marco Colautti, l’ingegnere Stefano Costantini di Archest e gli avvocati Luca De Pauli e Andrea Franchin) è convinta che il via libera arriverà.

«La legge regionale sugli impianti sportivi che ha recepito quella nazionale parla chiaro - sostiene Rigotto -: la determina della conferenza dei servizi vale come variante al piano regolatore e quindi non saranno necessari ulteriori passaggi. Il nostro auspicio è che dopo questo primo incontro interlocutorio venga convocata al più presto la conferenza.

Lo studio di fattibilità rispetta tutti i parametri fissati dalla legge e quindi mi auguro che non ci saranno problemi anche perché è prevista una procedura accelerata. Poi ovviamente il progetto dovrà essere valutato dalle commissioni edilizie, ma contiamo di poter inaugurare tutte le nuove strutture con l’inizio del prossimo campionato».

L’Udinese vuole insomma fare ancora una volta da apripista (gli unici stadi di proprietà oltre alla Dacia arena sono lo Juventus Stadium e il Mapei Stadium) per esplorare nuove opportunità sull’esempio di quanto fatto in Inghilterra prima e poi anche in altri paesi europei.

Dal punto di vista gestionale, lo stadio in passato non ha mai rappresentato per le società di calcio una fonte di guadagni, ma un onere. La sfida è quella di fare in modo che l’impianto di piazzale Argentina non sia solo il tempio in cui si svolgono le partite una volta a settimana ma una location capace di produrre rilevanti flussi di cassa sfruttando tutte le opportunità di business che il calcio (inteso come prodotto) è in grado di generare.

«Ma non si tratta solo di business - sottolinea Rigotto - perché in realtà stiamo parlando di un progetto ludico, sportivo e ricreativo che punta a rilanciare un intero quartiere. Siamo sicuri per esempio che il museo dello sport friulano sul quale stiamo ragionando con il Coni, visti gli atleti che la nostra regione ha saputo esprimere in diverse discipline (da Zoff e Bearzot a Carnera e Di Centa solo per citarne alcuni), sarebbe un luogo di grande interesse e lo stesso vale per il centro benessere con piscina, sale massaggi e attività riabilitative per il quale stiamo discutendo con un importante società a livello nazionale che sarebbe interessata a investire».

Lo spazio non manca. Nello studio di fattibilità si è ipotizzato di utilizzare 5.880 metri quadrati nel piano 1, cioè sopra gli spalti, 1.930 al livello 0 e 14.245 in quello interrato. All’incontro di ieri in Questura, per il Comune era presente il dirigente Marco Disnan, e c’erano anche il viceprefetto Gloria Allegretto e un rappresentante delle Belle arti, mentre la Regione ha ritenuto di non dover partecipare.

L’obiettivo di questo primo incontro era infatti soprattutto quello di capire quali saranno i soggetti che parteciperanno alla prossima convocazione della conferenza dei servizi, quella che l’Udinese auspica sia decisiva per dare il primo via libera alla seconda trasformazione dello stadio Friuli che a questo punto completerà una vera e propria rivoluzione anche per i tifosi e per il modo di vivere il calcio.

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