Per quarant’anni tra i baluardi del confine orientale
Centinaia di metri di tunnel scavati sotto la roccia, in un incessante susseguirsi di angoli retti, volti a spegnere nel minore spazio possibile l’ondata d’urto di eventuali esplosioni. E poi sale...
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Centinaia di metri di tunnel scavati sotto la roccia, in un incessante susseguirsi di angoli retti, volti a spegnere nel minore spazio possibile l’ondata d’urto di eventuali esplosioni. E poi sale per gruppi elettrogeni, impianti di deumidificazione, camerate e infermerie, le feritoie dell’osservatorio nel punto più alto, per controllare ogni versante, dalla strada alla montagna. E naturalmente postazioni di tiro, dove sono ancora integri i tubi che portavano aria alle maschere degli artiglieri.
Una macchina da guerra pronta a mettersi in moto a poche centinaia di metri dai pendii innevati e dalle piste di Valbruna, dove per quarant’anni Forte Beisner ha vigilato, nascosto e ignoto ai più, sul confine più presidiato dell’Italia, quello nord-orientale. Nato negli anni Trenta per contrastare le temute velleità revanscistiche di Austria e Germania, ma smantellato dopo l’alleanza con Berlino, il bunker venne riarmato nei lunghi anni della Guerra fredda, dietro al velo del più assoluto segreto militare. Nelle sue gallerie, che tra il 1934 e il 1942 vennero sporadicamente presidiate dai soldati della Guardia di frontiera, gli alpini di arresto, sentinelle silenti, dagli anni Cinquanta fino al 1992, della frontiera più temuta. Quella stessa frontiera che fece del Friuli Venezia Giulia, nella vulgata comune, la caserma d’Italia. Chiuse per oltre vent’anni, le gallerie del Forte e della vicina Opera 4, a Malborghetto, dal 2014 sono gestite dall’associazione Landscapes, nata per prenderne cura e riaprirle ai visitatori. Custode della memoria di una guerra che, sia pure mai combattuta in senso classico, ha profondamente segnato la storia e il territorio di questa regione. (r.d.t.)
Una macchina da guerra pronta a mettersi in moto a poche centinaia di metri dai pendii innevati e dalle piste di Valbruna, dove per quarant’anni Forte Beisner ha vigilato, nascosto e ignoto ai più, sul confine più presidiato dell’Italia, quello nord-orientale. Nato negli anni Trenta per contrastare le temute velleità revanscistiche di Austria e Germania, ma smantellato dopo l’alleanza con Berlino, il bunker venne riarmato nei lunghi anni della Guerra fredda, dietro al velo del più assoluto segreto militare. Nelle sue gallerie, che tra il 1934 e il 1942 vennero sporadicamente presidiate dai soldati della Guardia di frontiera, gli alpini di arresto, sentinelle silenti, dagli anni Cinquanta fino al 1992, della frontiera più temuta. Quella stessa frontiera che fece del Friuli Venezia Giulia, nella vulgata comune, la caserma d’Italia. Chiuse per oltre vent’anni, le gallerie del Forte e della vicina Opera 4, a Malborghetto, dal 2014 sono gestite dall’associazione Landscapes, nata per prenderne cura e riaprirle ai visitatori. Custode della memoria di una guerra che, sia pure mai combattuta in senso classico, ha profondamente segnato la storia e il territorio di questa regione. (r.d.t.)
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