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Lamole di Lamole, in Chianti Classico una tenuta senza tempo

Lamole di Lamole, in Chianti Classico una tenuta senza tempo
In un Castello del XV secolo una cantina dal passato secolare, ma innovativa e all'avanguardia: premiata a Wine in Venice per l'attenzione a etica e sostenibilità
2 minuti di lettura

C’era una volta una terra ricchissima, famosa, di cui si pensava di sapere già tutto. Come di una bellissima attrice molto famosa. Questo è il Chianti Classico, un angolo di mondo ricco di bellezza viva in cui si nascondono - in bella vista - storie che sembrano senza tempo. Come quella di Lamole di Lamole, tenuta vitivinicola appartenente al gruppo Santa Margherita, premiata durante la prima edizione di Wine in Venice come una delle 20 cantine più ecostenibili (e innovative) d’Italia.


Un premio che guarda al futuro ma che affonda le sue radici, in questo caso, in una storia lunghissima. Quella del Castello di Lamole, borgo originario del XV secolo che oggi ospita un albergo diffuso - moda decisamente contemporanea e sostenibile per riportare in vita strutture antiche - dove ancora oggi si trovano la cantina di affinamento e la vinsantaia della Tenuta. Da visitare e perdersi nella storia, ma soprattutto per comprendere il senso anche dell’attuale vita dell’azienda, la cui struttura totale si completa con una cantina moderna poco distante dal castello e una struttura a Greti, in fondovalle. Quartier generale per gestire le uve provenienti dai 288 ettari (40 nell’areale di Lamole) di vigneti la cui età media è di 25-30 anni, interamente coltivate in biologico da quasi 20 anni.

Perché il punto, il perno della storia è lì, nel rapporto che l’azienda ha da sempre con questo bellissimo territorio, con questa madre terra che permette e dà vita ogni anno, a ogni primavera, a ogni vendemmia. Una storia lunga che ha sempre visto in prima fila Andrea Daldin; enologo dell’azienda dal 1993 che ha seguito da protagonista e primo motore del cambiamento tutto il percorso di riconversione dell’azienda. Un percorso che oggi, a vent’anni dal suo ingresso in Lamole di Lamole, ha visto arrivare un grande risultato: l’inserimento in etichetta del contrassegno della certificazione biologica rilasciata dal Mipaaf dopo l’attenta valutazione delle pratiche in vigna. Linee guida rigide quelle ministeriali, che non sono mai bastate, bensì servite a tracciare una strada lungo la quale progredire ancora e ancora, arrivando a scrivere una strada più personale e meno omologata.

Nacque tutto a metà degli anni ’90, quando l’azienda cominciò a ricostruire gli antichi terrazzamenti e contemporaneamente a lavorare “al ripristino delle tecniche tradizionali di lavorazione del suolo” per diminuire l’impatto umano sul terreno e difendere il più possibile la biodiversità dell’area. Basti pensare che ancora oggi nel Cru dove nasce il Vigna Grospoli (il Chianti Classico Gran Selezione dell’azienda) nonostante l’altitudine (580m s.l.m.) le viti vengono coltivate nell’arcaica forma dell’alberello lamolese.

Una volta che il paesaggio, l’elemento del terroir solitamente più violentato dall’intervento dell’uomo-vignaiolo, è stato recuperato e la struttura agricola originaria riportata alla luce, lil progetto si è spostato verso gli interventi in vigna. “Lamole di Lamole ha iniziato una progressiva sostituzione dei prodotti di sintesi con compost organico” proveniente dagli scarti di lavorazione delle uve. “Tutto questo - evidenzia Andrea Daldin - insieme a un incremento delle ore di lavorazione manuale in vigneto, ha permesso alle viti di diventare più resilienti e in grado di affrontare” autonomamente le sfide tanto del clima sempre più estremo quanto di “parassiti e funghi”. Un cambio di passo che ha investito e interessa ancora oggi tutta l’azienda e non solo una parte della linea presente sul mercato.

Un’innovazione che non è stata fulminea ma si è presa il suo tempo e che oggi arriva a toccare etichette e naming dei vini, probabilmente l’aspetto più fugace di un prodotto che però, nonostante tutto, rimane il biglietto da visita. In particolare modo per i nuovissimi consumatori, quella Generazione Z o poco più grande che comincia ad approcciarsi al vino. Tutti i prodotti aziendali, come il già citato Vigna Grospoli, avranno nomi evocativi, pensati per richiamare le condizioni caratteristiche del vino e dei vigneti dove vengono allevate quelle particolari uve: il Duelame nascerà quindi da vigneti arroccati su lame (gradini stratificati), così come il Lareale Chianti Classico Docg Riserva celebra le peculiarità dell’areale lamolese.

Ed è una storia che potrebbe parlare di molto altro ancora, come dell’iscrizione al registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici accanto all’utilizzo dei droni per la viticoltura di precisione. Passato e presente insieme in silenzio, lì dove non c’è bisogno di slogan triti e ritriti per fare qualcosa di veramente nuovo e sostenibile.