«Io, sopravvissuta alla Shoah, vi dico: non dimenticate mai e abbiate fiducia»
L’appello di Umbertina Gentilli: nell’oggi dominato dal virus cerchiamo di vivere con determinazione e coraggio
Il professor Marchi – che nel suo libro Negli occhi e nel cuore ha ricostruito e raccontato la storia della famiglia Gentilli, cui io appartengo, mi ha gentilmente chiesto di esprimere il mio pensiero in occasione del Giorno della memoria. Ho accolto l’invito con gratitudine e timore al tempo stesso, consapevole che l’oggi, dominato dalla pandemia che affligge noi tutti, forse non è il tempo migliore per affrontare un tema che nell’attuale contesto rischia di diventare quasi inattuale, ma il desiderio di verità alla fine ha prevalso.
Ho riflettuto a lungo e mi sono convinta che i documenti e le foto da me conservati come “cose” esclusivamente personali e poco importanti erano in realtà preziosi testimoni, sia pure indiretti, di avvenimenti storicamente rilevanti. Allora ho fatte mie le parole di Primo Levi: «Se non ora, quando?». Queste le mie parole.
Era il 15 ottobre del 1938 e io ero una bambina di sette anni, timida sognatrice, felice di poter iniziare la seconda elementare… ma proprio quel giorno accadde una cosa strana, incomprensibile: mi dissero che ero stata “espulsa” dalla scuola! Da quel giorno non è solo cambiata la mia vita, ma sono cambiata io. Oggi, 82 anni dopo, posso guardare con occhi diversi tutto il mio vissuto. Come se srotolassi una pellicola, vedo tutto ciò che ha scandito i miei giorni, gli avvenimenti tristi e a volte anche gioiosi, riconosco le tappe che hanno segnato la mia vita ma constato anche che, a partire da quella data, la mia crescita è stata fortemente condizionata. E oggi, chi sono io? Mi chiedo: se le leggi razziali non fossero state emanate e poi diligentemente fatte rispettare, sarei forse diventata una persona diversa? Lo ignoro, ma poco importa…
Ciò che posso affermare è che le persecuzioni hanno avuto una durata complessiva di sette lunghissimi anni e che in particolare gli ultimi due (dal 1943 al 1945) furono devastanti: in fuga, costretti a usare un nome falso, alla ricerca di un rifugio forse sicuro… Tutto ciò ha inevitabilmente lasciato un segno indelebile nel mio modo di essere, di pormi agli altri, di affrontare la vita.
Analizzare il proprio passato è un esercizio arduo e dal risultato incerto, ma credo che mi sia stato utile. In verità posso affermare di non aver mai coltivato rancore né desiderio di rivalsa. Aggiungo che per cercare di capire, di conoscere, di confrontarmi, ho letto moltissimi libri, di autori italiani e non solo. Non romanzi ma memorie di vite, di esperienze, spesso ben più tragiche di quelle vissute da me, ed ho potuto osservare che le narrazioni sono, pur nelle inevitabili diversità, talmente simili tra loro da essere quasi sovrapponibili. Uguali le paure, le sofferenze, la speranza…
Ora, giunta alla soglia dei novant’anni, mi permetto di pronunciare, come esortazione per tutti noi, queste parole: non dimentichiamo il passato, viviamo il presente con determinazione e coraggio e affrontiamo il futuro con fiducia: un futuro rappresentato da figli, nipoti, pronipoti e da tutti coloro che nasceranno quando noi non ci saremo più.
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