Volevano far saltarela diga di Redona
Parlavano della diga di Redona e dicevano che l’avrebbero fatta saltare in aria, provocando in Friuli un disastro e una strage non dissimili da quello del Vajont. La massa d’acqua avrebbe spazzato via Meduno, Sequals, Spilimbergo, finendo poi con una immensa ondata nel Tagliamento. È questo il principale motivo per cui sono stati espulsi dall’Italia due operai nordafricani, sospettati di essere legati ad Al Qaeda.
2 minuti di lettura
UDINE. Parlavano della diga di Redona a Tramonti e dicevano che l’avrebbero fatta saltare in aria, provocando in Friuli un disastro e una strage non dissimili da quello del Vajont. La massa d’acqua avrebbe spazzato via Meduno e, nelle loro anche geograficamente assurde intenzioni, anche Sequals e Spilimbergo, finendo poi con una immensa ondata nel Tagliamento. E’ questo il principale motivo per cui il ministro degli Interni Roberto Maroni ha espulso e immediatamente fatto allontanare dall’Italia due operai nordafricani, da tempo insediatisi in Friuli.
Il primo è un marocchino di 39 anni: si chiama Mohammad Essadek e abitava a Gaiarine, al confine tra le province di Pordenone e Treviso. Il secondo è Miri Sghaier, nato in Tunisia 34 anni fa e a lungo imam di San Giovanni al Natisone, dove risiedeva. Lavorava in una fabbrica di legnami di Cormons.
I discorsi telefonici dei due con altre persone residenti in Nordafrica del progetto di far saltare in aria la diga, provocando una catastrofe di proporzioni bibliche, sono stati intercettati dagli investigatori della Direzione distrettuale antimafia di Trieste, competente per le inchieste sul terrorismo non solo islamico in tutto il Friuli Venezia Giulia. Parlavano anche dell’effetto propagandistico che sarebbe seguito all’esplosione e al disastro e sostenevano «che il credente è legittimato a concludere con il martirio il proprio percorso di vita spirituale».
I due nordafricani, ora espulsi nei rispettivi Paesi di origine, sono stati pedinati e monitorati 24 ore su 24 dagli uomini dell’antiterrorismo e della Digos di Pordenone: scopo dichiarato quello di capire se fossero andati già oltre le generiche e deliranti dichiarazioni di intenti, lavorando per attentare in concreto alla diga. Anche la vigilanza attorno all’enorme struttura in cemento armato è stata intensificata a scopo precauzionale.
I nomi dei due islamici sono stati annotati sul registro degli indagati della Procura di Trieste e il pm Giorgio Milillo ha verificato se singolarmente o con altri eventuali complici avessero compiuto o stesero per compiere ricognizioni attorno al lago di Redona a Tramonti, scattando fotografie della valle, studiando i dettagli delle strade di accesso, acquistando carte topografiche o cercando informazioni sugli esplosivi e sugli inneschi per abbattere la diga.
Nulla di concreto è emerso: solo quelle intercettazioni e quei discorsi a ruota libera hanno continuato ad accreditare il progetto di attentato. L’inchiesta, dopo quasi due anni di intercettazioni e pedinamenti a vuoto, è stata archiviata, ma l’indizio ha indotto il ministro Roberto Maroni ad agire con decisione, una volta ottenuto il via libera dalla magistratura. Espulsione immediata perché veniva svolta attività di proselitismo all’ombra di Al Qaeda e i due costituivano una minaccia per lo Stato.
«I due nordafricani non sono stati arrestati perché non erano stati raccolti gli elementi richiesti dal codice di procedura per agire in questo modo» ha affermato ieri il procuratore capo di Trieste Michele Dalla Costa.
Va aggiunto che dalle intercettazioni telefoniche è emerso una sciame di chiamate intercorse tra il Friuli e la Tunisia. In questi colloqui venivano chiesti dettagli molto precisi sugli scontri a fuoco che opponevano gli integralisti islamici di quel Paese all’esercito e alla polizia di Tunisi. Questi scontri con numerosi morti, sono stati seguiti in modo poco approfondito dalla stampa italiana e internazionale. Il governo tunisino ha minimizzato la gravità del confronto armato mentre Miri Sghaier al contrario puntava sull’effetto propagandistico di quella che lui riteneva una rivolta islamica.
Ieri l’altro espulso, Mohammed Essadek, attraverso il suo legale italiano, l’avvocato Francesca Casetta si è detto «stupito della decisione del ministro» e ha aggiunto di «essere del tutto estraneo alle accuse di terrorismo internazionale».
Ma tra il materiale che risulta sequestrato dagli inquirenti vi sono cd rom che esaltano il fondamentalismo e il martirio contro obiettivi di Usa e Israele e ci sarebbero anche alcuni sermoni attribuiti a Omar Abd al-Rahman, lo sceicco cieco ispiratore dell’attentato al World Trade Center del 1993, precedente a quello più devastante dell’11 settembre 2001.
Il primo è un marocchino di 39 anni: si chiama Mohammad Essadek e abitava a Gaiarine, al confine tra le province di Pordenone e Treviso. Il secondo è Miri Sghaier, nato in Tunisia 34 anni fa e a lungo imam di San Giovanni al Natisone, dove risiedeva. Lavorava in una fabbrica di legnami di Cormons.
I discorsi telefonici dei due con altre persone residenti in Nordafrica del progetto di far saltare in aria la diga, provocando una catastrofe di proporzioni bibliche, sono stati intercettati dagli investigatori della Direzione distrettuale antimafia di Trieste, competente per le inchieste sul terrorismo non solo islamico in tutto il Friuli Venezia Giulia. Parlavano anche dell’effetto propagandistico che sarebbe seguito all’esplosione e al disastro e sostenevano «che il credente è legittimato a concludere con il martirio il proprio percorso di vita spirituale».
I due nordafricani, ora espulsi nei rispettivi Paesi di origine, sono stati pedinati e monitorati 24 ore su 24 dagli uomini dell’antiterrorismo e della Digos di Pordenone: scopo dichiarato quello di capire se fossero andati già oltre le generiche e deliranti dichiarazioni di intenti, lavorando per attentare in concreto alla diga. Anche la vigilanza attorno all’enorme struttura in cemento armato è stata intensificata a scopo precauzionale.
I nomi dei due islamici sono stati annotati sul registro degli indagati della Procura di Trieste e il pm Giorgio Milillo ha verificato se singolarmente o con altri eventuali complici avessero compiuto o stesero per compiere ricognizioni attorno al lago di Redona a Tramonti, scattando fotografie della valle, studiando i dettagli delle strade di accesso, acquistando carte topografiche o cercando informazioni sugli esplosivi e sugli inneschi per abbattere la diga.
Nulla di concreto è emerso: solo quelle intercettazioni e quei discorsi a ruota libera hanno continuato ad accreditare il progetto di attentato. L’inchiesta, dopo quasi due anni di intercettazioni e pedinamenti a vuoto, è stata archiviata, ma l’indizio ha indotto il ministro Roberto Maroni ad agire con decisione, una volta ottenuto il via libera dalla magistratura. Espulsione immediata perché veniva svolta attività di proselitismo all’ombra di Al Qaeda e i due costituivano una minaccia per lo Stato.
«I due nordafricani non sono stati arrestati perché non erano stati raccolti gli elementi richiesti dal codice di procedura per agire in questo modo» ha affermato ieri il procuratore capo di Trieste Michele Dalla Costa.
Va aggiunto che dalle intercettazioni telefoniche è emerso una sciame di chiamate intercorse tra il Friuli e la Tunisia. In questi colloqui venivano chiesti dettagli molto precisi sugli scontri a fuoco che opponevano gli integralisti islamici di quel Paese all’esercito e alla polizia di Tunisi. Questi scontri con numerosi morti, sono stati seguiti in modo poco approfondito dalla stampa italiana e internazionale. Il governo tunisino ha minimizzato la gravità del confronto armato mentre Miri Sghaier al contrario puntava sull’effetto propagandistico di quella che lui riteneva una rivolta islamica.
Ieri l’altro espulso, Mohammed Essadek, attraverso il suo legale italiano, l’avvocato Francesca Casetta si è detto «stupito della decisione del ministro» e ha aggiunto di «essere del tutto estraneo alle accuse di terrorismo internazionale».
Ma tra il materiale che risulta sequestrato dagli inquirenti vi sono cd rom che esaltano il fondamentalismo e il martirio contro obiettivi di Usa e Israele e ci sarebbero anche alcuni sermoni attribuiti a Omar Abd al-Rahman, lo sceicco cieco ispiratore dell’attentato al World Trade Center del 1993, precedente a quello più devastante dell’11 settembre 2001.
Argomenti:
I commenti dei lettori