Imprese sempre più a caccia di ingegneri
Il monito della Calzavara: difficile trovare laureati nel campo dell’elettronica e della meccanica
UDINE. Nonostante l’università di Udine dialoghi costantemente con il territorio, ci sono ancora aziende friulane che lamentano la mancanza di figure idonee da inserire nel mondo del lavoro.
È la Calzavara di Basiliano, dal 1979 tra le principali imprese attive nel settore delle telecomunicazioni e dell’energia sul mercato italiano e internazionale, a lanciare una sorta di allarme sulla carenza di ingegneri elettronici, di telecomunicazione e meccanici.
«Evitiamo - sottolinea l’amministratore delegato, Marco Calsotzavara - annunci sui giornali, metodo che consideriamo ormai obsoleto, e utilizziamo i cacciatori di teste solo per profili medio-alti: ovviamente non per il personale neolaureato o con pochi anni di esperienza. Colloquiamo con gli atenei di Udine, Trieste, Padova e Bologna senza estendere la ricerca ad altre università».
Ma l’università produce il profilo di laureati di cui l’azienda ha bisogno? Secondo l’ad «i corsi sono oggi molto diversi rispetto alle lauree vecchio stampo. Probabilmente quelli per ingegneri sono più facili, ma non è detto che sia un male: gli “esami mattone” forse, sono anacronistici». Il primo e più semplice passo per avvicinare l’università alle aziende, prosegue Calzavara, potrebbe essere l’obbligatorietà di un tirocinio per periodi non inferiori ai 4-6 mesi.
Molto utile, poi, sarebbe organizzare incontri con gli imprenditori direttamente in ambito universitario: «Se mi fosse proposto io risponderei con piacere a questo tipo di invito». E l’imprenditore non esita a strizzare l’occhio all’idea da tempo sponsorizzata dal presidente e amministratore delegato del gruppo Danieli, Gianpietro Benedetti, che promuove la figura del diplomato-ingegnere.
«Mi sembra un’ottima idea - sottolinea Calzavara - non sempre sono necessari “laureati”, a volte poter assumere un “diplomato evoluto” potrebbe essere anche meglio.
Quella che proprio oggi manca è una base culturale robusta». E saper scrivere, a detta del manager, è diventata merce rara, nonostante sia un elemento basilare anche in ambito lavorativo. «Ma qui - conclude - poco si può fare. Una volta si scrivevano lettere e la grammatica non poteva essere un’opinione, adesso si usano i social media, Whatsapp e le atre chat.
Una lingua però più immediata e primitiva che, alla lunga, diventa molto povera nella comunicazione, anche in quella emotiva: e allora si usano i selfie e le immagini, ma sono solo dei surrogati». (g.z.)
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