Le aziende friulane stanno investendo sul biodegradabile
C’è chi si è già adeguato utilizzando nuovi materiali, chi, invece, attende regole e norme sicure per adattarsi a quella che si preannuncia, a detta di molti, una vera e propria rivoluzione
Davide VicedominiUDINE. C’è chi si è già adeguato utilizzando nuovi materiali, chi, invece, attende regole e norme sicure per adattarsi a quella che si preannuncia, a detta di molti, una vera e propria rivoluzione.
Le aziende friulane sono d’accordo sulla diminuzione della plastica «se l’obiettivo finale – spiegano – è quello di migliorare la qualità dell’ambiente ed evitare l’inquinamento che è sotto l’occhio di tutti», ma prima di cambiare macchinari e ristrutturare impianti preferiscono capire come l’Italia, quale Stato membro dell’Unione Europea, recepirà la direttiva.
Gabriele Pittis è titolare dell’Europlast, azienda con sede in Romania per la produzione di posate di plastica, stoviglie a articoli monouso e ha Udine come base per la vendita.
«Noi – spiega l’imprenditore – abbiamo già immesso sul mercato da quasi quattro anni il biocompostabile ma tuttora questo tipo di materiale riscontra problematiche con le alte temperature.
Quest’anno abbiamo sospeso questo prodotto – aggiunge – perché la materia prima costa il doppio e comunque le regole non sono ancora ferree, ma per il 2025 saremo pronti.
Mi chiedo, però, come l’Italia si comporterà visto che ci sono grosse aziende che lavorano ancora la plastica soprattutto in Campania e in Veneto e ci sono migliaia di posti di lavoro da salvaguardare. Comunque sono favorevole alla direttiva. Nel Nord Europa e in Inghilterra sono molto avanti rispetto a noi e dobbiamo adeguarci».
Che la plastica inquini e che serva svoltare verso la sostenibilità, ne è consapevole anche l’azienda Pezzutti di Fiume Veneto, specializzata in lavorazione di materie plastiche e stampaggio di contenitori per alimenti.
«Noi ci stiamo attrezzando per contenere l’impatto – spiega il direttore generale Ezio Chies –. Stampiamo 30 mila tonnellate all’anno di plastica e un terzo del materiale processato arriva dal riciclato.
Siamo stati dei pionieri in questo e stiamo andando nella direzione richiesta dalla direttiva Europea. Siamo sufficientemente esperti per affrontare questo cambiamento».
Aldo Piccolo, titolare della Tecnoplast, preferisce, invece, non sbilanciarsi. «Attendiamo le leggi e i regolamenti di attuazione - dichiara -. Comunque ci adegueremo, ma quando il quadro sarà più chiaro e definito perché per cambiare un impianto di produzione ci vogliono centinaia di migliaia di euro.
Del biodegradabile se ne parla ormai da 20 anni ma le richieste sul mercato non ci sono. Alla fine la legge la determina il consumatore e il cliente. E noi dobbiamo seguire le tendenze».
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